26 Gennaio 2018


Intervento in occasione della cerimonia pubblica e solenne, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, presso la Suprema Corte di Cassazione di inaugurazione dell'Anno Giudiziario 2018

Roma, Suprema Corte di Cassazione

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Presidente del Senato,

Signora Presidente della Camera dei deputati,

Signor Presidente della Corte costituzionale,

Onorevole Ministro,

Signor Primo Presidente,

Signor Procuratore Generale,

Autorità,

Illustri ospiti,

Ringrazio il Primo Presidente Mammone per aver voluto aprire la sua relazione di oggi con il richiamo ai settanta anni dall'entrata  in vigore della Costituzione e all’ottantesimo anniversario  dall'emanazione delle indegne leggi razziali.  Si tratta di ricorrenze che, insieme ad altre che pure ricadono quest'anno,   sono legate da alcuni fili comuni: il valore dell’unita nazionale, la lotta contro ogni forma di discriminazione e di odio razziale, la memoria  quale fondamentale elemento di presidio e sviluppo della democrazia. Nel 1938, il regime fascista abolì  le inaugurazioni dell'anno giudiziario nelle Corti di appello, conservando unicamente la relazione del Procuratore Generale della Cassazione. L'intento era chiaramente quello di recidere  il legame tra la società e la magistratura, che si voleva gerarchizzata ed asservita al regime.  Ebbene,  ottanta anni dopo il Consiglio Superiore della Magistratura si è speso affinché, per la prima volta, le inaugurazioni dell'anno giudiziario  in Cassazione ed in tutti i distretti,  fossero aperte alla presenza degli studenti, una direzione opposta  e contraria , dunque, rispetto  a quella del ventennio fascista. Ringrazio i Presidenti  della Corte di Cassazione, delle Corti di appello e il Ministero per l’Università e la Ricerca  per aver immediatamente aderito e per essersi fatti carico in pochi giorni  di ogni aspetto  organizzativo per aprire la cerimonia inaugurazione dell’anno giudiziario ai giovani. Insieme  a loro , e saluto gli studenti del Liceo Classico  Dante Alighieri di Roma, si fa memoria e si rafforza  il dialogo degli uffici giudiziari con i cittadini, con le nuove generazioni in particolare, così contribuendo a  rinsaldare il contatto e, spero, la fiducia nella magistratura.

Al Primo Presidente  Mammone e al Procuratore Generale Fuzio, va il saluto e il forte incoraggiamento mio e dell'intero Consiglio, insieme al vivo apprezzamento per le considerazioni  svolte e per le linee di indirizzo tracciate sulle complesse  sfide che attendono  loro e la Corte Suprema di Cassazione.  Sono persuaso che sapranno raccogliere il testimone in quell’opera di profondo rinnovamento della funzione nomofilattica, cui tanto hanno saputo contribuire Giovanni Canzio e Pasquale Ciccolo. Ad entrambi va la mia gratitudine, accompagnata da sentimenti di stima ed amicizia. Ho avuto l’onore di condividere con loro un tratto di strada fondamentale. Si tratta di due straordinari magistrati che hanno dato lustro alla Corte di legittimità e all’intero ordine giudiziario, contribuendo non poco  anche al fertile sviluppo delle attività consiliari.

Il lavoro di questi anni ha reso ancor più chiaro che, per la determinante funzione  dell’organo di vertice della giurisdizione,  passa la concreta possibilità di stabilizzare e rendere prevedibile lo sviluppo del sistema giuridico italiano e gli andamenti degli orientamenti giurisprudenziali che lo segnano.  Si tratta di un obiettivo essenziale, sempre più condiviso,  per soddisfare quella crescente domanda di certezza del diritto che proviene da ogni angolo della società e dall’economia nazionale, nonché  dagli interlocutori  e dagli osservatori esteri ed europei, in particolare.  Grava su tutti gli attori della giurisdizione il dovere di ridurre le aree di indeterminatezza degli indirizzi giurisprudenziali, se è vero che nel catalogo delle paure post-moderne che porta con sé la società dell’incertezza, vi è di certo la percezione dell’incomprensibilità della sorte del processo; il rischio che la pretesa ad avere giustizia si possa trasformare in velleità; che la risposta cui si aspira, rischi di recedere a randomica e casuale statuizione di potere.  

Analoga sfida coinvolge, pur da un’angolazione peculiare, la Procura Generale della Suprema Corte di Cassazione.  Essa è ormai investita da tendenze complesse e per certi versi persino antitetiche: dall’evidente necessità di rafforzare gli schemi del coordinamento previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 106 del 2006, all’esigenza di farli convivere con la nuova disposizione di legge concernente il potere di avocazione del Procuratore generale. Ebbene, proprio di fronte a questo scenario, le soluzioni organizzative che il governo autonomo ha saputo produrre, a partire dalla sofferta ma virtuosa Circolare sull'organizzazione delle Procure,  e le altre che vanno sviluppandosi già in queste settimane, si fanno elemento determinante per un settore della massima sensibilità, perché chiama in causa fondamentali valori costituzionali, tanto più che all’orizzonte si intravede l’effettivo sviluppo della Procura Europea, con tutto il suo portato di mutamenti, rispetto ai modelli di coordinamento in ambito di repressione penale.

Verso lo stesso obiettivo del recupero di  certezza, il Consiglio  ha inteso assecondare e sostenere le misure organizzative  e le novelle legislative che vanno trasformando il volto del giudizio di legittimità, l’apertura al dialogo  tra la Suprema Corte, le giurisdizioni speciali e  le Corti europee.

Costituisce  obiettivo prioritario - vi ha fatto riferimento il Primo Presidente - la riduzione del peso abnorme del contenzioso tributario e, in generale,  del carico insostenibile  di procedimenti incompatibili con la funzione propria del giudizio di legittimità, anche in un quadro di comparazione con altri sistemi del continente europeo.

Lo slancio verso l’esigenza  di stabilità e certezza, va affermato con riguardo all’ordinamento e al sistema giudiziario nel suo complesso, per attuare e rendere effettivi i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata.

La  cerimonia di quest’anno cade nel pieno di una transizione di legislatura;  ciò impone innanzitutto di evitare che il percorso delle riforme,  da tempo avviato, e che sta dando positivi  frutti,   possa  subire  interruzioni, deviazioni o soluzioni di continuità. Troppo spesso abbiamo assistito  allo smarrimento determinato dai cambi di legislatura, dando luogo  all’effetto ‘‘della  tela di Penelope’’. Le riforme  di questi anni,  alcune delle quali largamente condivise, gli investimenti in tecnologia, in personale amministrativo, nell’assunzione di giovani magistrati, così come la  notevole mole e il carattere innovativo delle  attività e  delle produzioni del Consiglio Superiore, hanno necessità di produrre effetti nei prossimi anni e richiedono quindi un certo grado di stabilità degli indirizzi di politica giudiziaria. Quello della  stabilità e continuità, è un valore determinante per contribuire al superamento della crisi storica della giustizia italiana ed è peraltro  conciliabile con la fisiologica diversità di visioni  di politica giudiziaria delle maggioranze parlamentari che si alternano  alla guida del Paese.

Mi sia concesso di ringraziare il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, non soltanto per l’impegno profuso e per i risultati conseguiti, ma per aver egli mostrato in ogni momento del comune cammino di oltre quaranta mesi, il rispetto assoluto dell’autonomia dell’organo di autogoverno della magistratura.   Si  è  andati ben oltre la  mera leale collaborazione e si è  invece affermato un metodo che ha consentito di  integrare  le rispettive competenze, nel rigoroso rispetto delle reciproche autonomie ma perseguendo finalità comuni per il miglioramento del servizio di giustizia. Un metodo che, se coltivato nel tempo, potrà aiutare a porre la parola fine alle stagioni in cui si invocavano o criticavano malintese supplenze  e si prefiguravano conflitti  e invasioni di campo.

E d’altronde, la scelta di svolgere al massimo grado di incidenza le prerogative di ciascun potere od organo coinvolto nell’offerta di giustizia, consente anche di superare quella concezione del governo autonomo, troppo spesso pervasa da finalità eminentemente difensive e statiche. Grazie a questa concezione, risultata nitida sin dall’avvio di questa consiliatura,  è  stato possibile valorizzare  e rendere fertile anche la funzione propositiva e consultiva del Consiglio,  promuovendo, nel solco dell'art. 110 della Costituzione, efficaci iniziative afferenti l'organizzazione giudiziaria.

Il Consiglio Superiore ritiene all’unisono che tali acquisizioni  integrino un patrimonio prezioso che arricchisce il panorama degli strumenti con cui il governo autonomo – come è stato detto da autorevole dottrina – “assolve al suo peculiare servizio di sostegno e sviluppo all’azione del potere / ordine diffuso dei magistrati ordinari”. Intendo rivolgere un  sentito ringraziamento a ciascuno dei Consiglieri Superiori per il prezioso impegno profuso sin dal principio del mandato.  Si è trattato di un lavoro portato avanti tenendo salde tre stelle polari di cui si scorge, peraltro, il segno unitario: l’integrazione e il coordinamento con gli  altri attori del sistema, in piena autonomia e  in un quadro di sviluppo massimo delle reciproche competenze e attribuzioni; la  forte promozione della cultura organizzativa in ambito giudiziario; la spinta al riformismo delle regole di funzionamento del Consiglio,  perseguendo un maggiore grado di efficienza ed ampliando la conoscibilità delle decisioni del governo autonomo; quindi, la valutabilità dell’operato del CSM nello spazio pubblico e nella società aperta. Non è mancata, inoltre, quella visione orientata al complesso e articolato mondo delle relazioni europee ed internazionali, specie con gli altri Consigli di giustizia continentali, per perseguire l’impegno alla diffusione di virtuosi modelli di giurisdizione e per affermare il valore insopprimibile dell’indipendenza della magistratura, troppo spesso insidiata o addirittura negata anche in Paesi di grande tradizione e a noi vicini.

L'esercizio delle funzioni consiliari ha così varcato  confini del tutto nuovi. I proficui rapporti con le autorità indipendenti, con le giurisdizioni speciali, con i servizi di sicurezza nazionale, hanno consentito di orientare la magistratura nella direzione di temi cruciali del nostro  tempo: le minacce terroristiche, le imponenti migrazioni, l’immensa mole di problemi e questioni che pone il carcere e che proponevano i superati Ospedali psichiatrici giudiziari; la violenza di genere, la cooperazione giudiziaria internazionale. Decisiva rilevanza, infine, va attribuita alla nuova stagione di collaborazione con l'Avvocatura, densa di significati e risultati. Ringrazio, al riguardo, il Presidente Mascherin e l’intero Consiglio Nazionale Forense.

Tutto ciò si è realizzato nel mentre si provvedeva alla più concentrata ed imponente opera di avvicendamento, svoltasi un modo ordinato ed efficace, dei dirigenti degli uffici giudiziari  mai compiuta in un arco temporale così ristretto.

Il CSM ha dunque esplorato gran parte degli spazi disponibili per la normazione secondaria  e per un’interpretazione aperta delle funzioni previste dall’art. 105 della Costituzione; certo , residuano spazi per interventi riformatori  per allentare i vincoli   correntizi, spesso fonte di decisioni non comprensibili e condivisibili. Si tratta di opzioni di fondo sulle  quali l’Assemblea plenaria del Consiglio non ha mancato di esprimersi e continuerà a farlo nei prossimi mesi. Rilevanti   temi ordinamentali , infatti,  rimangono oggetto di inesausto dibattito, dentro e fuori il Consiglio: il regime del collocamento fuori ruolo; una nuova disciplina della partecipazione dei magistrati all’attività politica; il rafforzamento dello strumento delle incompatibilità ambientali e funzionali; una manutenzione virtuosa del codice disciplinare; la ridefinizione di regole di accesso in magistratura e la formazione pre e post concorso.

Tutte questioni di cui mi auguro il prossimo Parlamento potrà, se del caso, farsi carico evitando approcci semplificatori o peggio punitivi e tenendo sempre a mente la funzione fondamentale del governo autonomo: esso è chiamato ad affermare il valore insopprimibile dell’indipendenza della magistratura e a rafforzare la fiducia dei cittadini  nei confronti dei giudici e dei pubblici ministeri.

Il Consiglio Superiore impiegherà ogni spazio di azione, fino all'ultimo giorno del mandato,  per completare e consolidare quello che ho cercato di tratteggiare come un programma unitario informato, alle grandi chiavi di mutamento illustrate.

Senza enfasi, ma con una punta di orgoglio,  intendiamo legittimamente affermare  che, pur consapevoli dei limiti di intervento registrati    su alcuni temi, l'Istituzione  consiliare si presenta oggi più forte, di fronte ai magistrati e nell’ordinamento tutto.

Al principio di questo mio intervento, ricordavo la   ricorrenza dell’entrata in vigore della Carta fondamentale repubblicana. Ad essa si aggiunge quella dei sessanta anni di vigenza della legge istitutiva del Consiglio Superiore. Anche questa è una ricorrenza da meditare perché, in definitiva, conferma quanto determinante sia stata la scelta costituzionale dell’istituzione del governo autonomo, a condizione di sapersi disporre come fattore virtuoso nell’integrazione delle scelte di protezione, tutela e consolidamento dell’ordine giudiziario e dei servizi di giustizia. Una via, questa, che sotto la Sua guida illuminata, Signor Presidente, siamo decisi a percorrere ed esplorare a fondo.

Signor Presidente, signore e signori, questo mio intervento alla cerimonia di inaugurazione  dell'anno giudiziario  è  il quarto ed è anche l'ultimo.  Avverto il bisogno di ribadire quanto  ogni volta ho fortemente avvertito  la  responsabilità e il privilegio  di rappresentare  il Consiglio Superiore della Magistratura in un contesto tanto solenne e denso di significati.  Un'esperienza indelebile che ha contribuito a rafforzare in me  la fiducia nell'insostituibile funzione della giurisdizione e della giustizia  in una società libera e democratica.  Esprimo a  Lei  Presidente ed a ciascuno di Voi i miei sentimenti di  riconoscenza e di gratitudine e Vi rivolgo i miei migliori auguri per l’avvio di quest’anno giudiziario.