08 Febbraio 2018


Sette magistrati accusati di corruzione, adesso dobbiamo reagire - "nella magistratura serve più tensione morale"

di Liana Milella - La Repubblica 08.02.2018

«Cinque magistrati detenuti e due interdetti per fatti di corruzione...». Sono tanti e preoccupano Giovanni Legnini. II vice presidente del Csm, appena uscito dalla lunga maratona disciplinare durata tre giorni sul caso Saguto, affronta con Repubblica la questione morale delle toghe e ritiene indispensabile «una forte reazione di tutta la magistratura».

Sette giudici in grossi guai giudiziari. non era mai accaduto. Che sta succedendo?

 «Non mi piace ciò che l'espressione "questione morale" evoca. I magistrati sono circa 9mila e l'ordine giudiziario nel suo complesso è sano e dispone di un eccellente livello di professionalità. Ma l'arresto anche di uno solo di loro non può che destare preoccupazione e sconcerto perché quella del giudice non è certo una professione qualsiasi. Quindi sì, per la funzione della magistratura, sette misure come queste, di cui ben 4 negli ultimi due mesi, sono tante».

Non sia difensivo, immagino che sta per dirmi che a emettere questi provvedimenti sono stati altrettanti colleghi...

«No, non sono difensivo ma rattristato e preoccupato. Fatti gravi, come quelli emersi a Siracusa, suscitano due sentimenti tra loro contrastanti: il timore che per responsabilità di pochi si possa compromettere la fiducia dei cittadini nei confronti dell'intero ordine giudiziario; la soddisfazione perla capacità della stessa magistratura di accertare reati anche a carico di magistrati. Quindi, per fortuna, gli anticorpi funzionano».

Ma non avverte tra gli stessi magistrati una sottovalutazione, un singolare silenzio, proprio basato sui pochi numeri?

«Mi occupo di far funzionare la giustizia disciplinare che la Costituzione affida al Csm e il numero dei "processi" è elevato. Ma non c'è dubbio che occorra, nella magistratura, in quella associata in particolare, suscitare una rinnovata tensione morale, come nelle migliori stagioni che abbiamo conosciuto, evitando difese corporative. Qui si che le correnti dovrebbero sprigionare tutta la loro forza di orientamento nei confronti dei loro associati». Il caso Longo la costringerà a leggere le carte delle procure di Roma e Siracusa. Ma la sua prima impressione qual è?

«Gli atti sono giunti oggi. E l'udienza perla sospensione obbligatoria ci sarà già il 15. Presiederò quel collegio e non posso esprimere giudizi. Però rivolgo un plauso alle due procure per il lavoro straordinario fatto finora e per il riserbo che lo ha circondato. La gravità dei fatti, come emerge dalle cronache, è evidente».

Un pm che intasca soldi e apre inchieste strumentali obbedendo a un avvocato che manovra un ex consigliere di Stato e una toga contabile. Che dice di questa rete corruttiva?

«Se i fatti saranno confermati, il sistema emerso desta gravissime preoccupazioni. Stille anomalie che si manifestavano da tempo alla procura di Siracusa siamo già intervenuti, pur non potendo conoscere gli episodi di corruzione. La prima commissione a maggio 2017 è andata a Siracusa, tant'è che dopo lo stesso Longo, per l'incompatibilità ambientale e funzionale, ha chiesto di essere trasferito e ciò è stato subito disposto. Longo poi a novembre è stato condannato in sede disciplinare».

Lei vanta sempre il lavoro della sezione disciplinare, che vede molti denigratori pronti a parlare di giustizia domestica...

«E invece non è affatto vero perché chi dice questo o non conosce i dati o vuole delegittimare. In 40 mesi abbiamo definito 573 procedimenti con 176 sentenze di condanna,172 di assoluzione e 225 di non luogo a procedere su richiesta della procura generale».

Il sistema Amara-Longo si poggiava su inchieste strumentali, "specchi" per acquisire notizie e depistare. Perché non si possono vietare simili procedure?

«Le regole per individuare la competenza territoriale delle procure spesso rivelano falle del sistema processuale, non risolvibili con misure organizzative, ma solo con un intervento del legislatore. Sono troppi gli episodi che hanno suscitato serie perplessità e che solo in parte sono affrontabili in sede disciplinare. Un'accurata modifica legislativa eviterebbe le distorsioni verificate in questa e in altre note circostanze».