15 Settembre 2019


Oggi su Il Centro: nuovo Governo, prospettive e sviluppi possibili, la mia intervista.

Intervista al consigliere del centrosinistra. Sul governo Marsilio dice: «Finora non ha combinato nulla»

(da Il Centro del 15-09-2019 di Lorenzo Colantonioe e Monica Pelliccione)

 Dalla nomina dei sottosegretari nel Conte-bis l'Abruzzo esce quasi a bocca asciutta. E in casa Pd la delusione è palpabile. Anche più amara, se possibile, a mente fredda. Per l'ex vice presidente del Csm e consigliere regionale del centrosinistra, Giovanni Legnini, nome tra i più accreditati fino alle ultime ore per una poltrona da sottosegretario, si apre una fase non facile per il territorio. Legnini ne ha per tutti: per il Pd abruzzese, che ha preferito non scegliere, e per il governo regionale, guidato da Marco Marsilio, il presidente venuto da Roma «che non ha combinato nulla».
Ma nell'intervista rilasciata al Centro benedice la nuova alleanza tra il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico, non solo a Roma, ma sul piano regionale:

«Un passaggio storico che potrebbe avere come sbocco un nuovo bipolarismo».Consigliere Legnini, l'Abruzzo è stato maltrattato dalla scelte del nuovo Governo?

«L'Abruzzo non ne esce bene. Ho già fatto gli auguri al senatore, Gianluca Castaldi (M5S) e sono convinto che farà bene, così come ha già fatto l'onorevole Gianluca Vacca, di cui ho apprezzato lo stile e la concretezza. Ma i limiti funzionali della sua delega e il fatto che il centrosinistra non esprima nessun componente del Governo pongono la nostra Regione in condizioni non facili. Per fortuna diversi ministri, con alcuni dei quali negli anni ho avuto rapporti di stretta collaborazione, conoscono bene l'Abruzzo e i suoi problemi e con loro tutti potremo dialogare intensamente».Secondo lei l'alleanza di governo Pd-M5S è buona e quali obiettivi riuscirà a raggiungere?

«Sostengo la necessità di un'alleanza con il Movimento 5 Stelle dal 2013 e, poi, dopo le elezioni del 2018. Una sensibilità comune su molti temi, insieme alla contiguità degli elettorati, rendevano prevedibile, prima o poi, tale sbocco di alleanza. Naturalmente, i dieci anni che abbiamo alle spalle hanno scavato solchi che non sarà facile colmare. Ma bisogna tentare di produrre qualcosa di buono, provando a declinare il metodo sperimentale proprio delle leggi della fisica. Solo la concretezza dei risultati e il dialogo costruttivo, innanzitutto tra i rispettivi elettori, ci potranno dire se funzionerà o no».Torniamo in Abruzzo: che cosa ha prodotto finora il Governo di centrodestra FI, Lega, Fratelli d'Italia? «Il Governo regionale non ha combinato nulla. La freddezza nel rapporto con i cittadini abruzzesi e con le loro aspettative e problemi è sempre più evidente e preoccupante. Trovo, inoltre, singolare l'ipocrito lamento della mancata nomina di un sottosegretario del Pd. La destra abruzzese non può rimuovere così facilmente la scelta senza precedenti di un presidente nato e cresciuto a Roma e il fatto che, con la Lega al Governo, ugualmente non vi erano rappresentanti abruzzesi di centrodestra. C'è un filo conduttore tra i due governi costituito dalla continuità di rappresentanza riservata ai 5 Stelle. Vedremo come andrà».

 
E che cosa pensa del silenzio del Pd a livello nazionale; secondo lei quali prospettiva ha il partito affidato a Nicola Zingaretti?

«Ho condiviso la scelta del Pd di formare questo Governo con un programma di legislatura che contiene molti elementi di novità. Adesso, dopo aver registrato uno spirito unitario insolito, ma positivo, durante la crisi e nella formazione del Governo, si apre per il Pd una fase nuova densa di incognite. Piuttosto, nella formazione del Governo, dopo le scelte di grande qualità della squadra dei ministri, mi sembra siano prevalse le logiche di appartenenza correntizia nazionale, rispetto alle quali sono distante pur avendo sostenuto con convinzione Zingaretti segretario nazionale. E di fronte a tale metodo di selezione, il Pd abruzzese ha scelto il silenzio sia durante che dopo. La mancata nomina di un componente del Governo in Toscana ha suscitato una reazione ferma, da noi nulla. Quando fui nominato sottosegretario, prima nel 2013 alla Presidenza del Consiglio, e poi, nel 2014, al Ministero dell'economia e delle finanze (Mef) con deleghe di primissimo piano, il Pd abruzzese fece sentire forte la propria voce e il proprio peso»

 
.Alleanza Pd-M5S anche nelle Regioni, che cosa ne pensa?
 
«Penso che durante e a conclusione di questa esperienza di Governo, entrambe le formazioni politiche sono destinate a cambiare in profondità. Siamo in presenza di un passaggio storico che, senza facili illusioni, potrebbe avere come sbocco un nuovo bipolarismo, pur molto diverso da quello del passato perché sarà governato da una logica proporzionale. È giusto, dunque, provare a promuovere alleanze nelle regioni e nei comuni dove si voterà, senza automatismi ma con una paziente ricerca di spazi comuni di visione politica e programmatica e con il rispetto delle reciproche posizioni».
 
Torniamo al Governo. Lei aveva dato la disponibilità al premier Conte e al Pd?
 
«Ho dato una disponibilità condizionata alla coerenza di un eventuale incarico come quelli che ho già svolto in Parlamento e nel Governo. Solo così avrei potuto mettere a disposizione il valore dell'esperienza acquisita sul campo. Per me personalmente non ho da lamentarmi di nulla, né ho da esprimere rammarico. Sono già grato per i ruoli, anche alti, che ho avuto l'onore di svolgere».
 
Ma qual è, da oggi, il problema più importante?
 
«Il problema che abbiamo di fronte non è cosa poteva fare o farà Legnini o altri, ma quale sarà la forza della nostra regione per affrontare gli enormi problemi e per cogliere le straordinarie opportunità che abbiamo di fronte. E questo deve indurre tutti noi a non arretrare perché non è il tempo dello scoramento, ma della responsabilità che ci deriva dall'avvio di una nuova importante scommessa. Io sarò sempre al servizio della nostra terra e delle buone ragioni della mia parte politica, senza chiedere nulla, come ho già fatto alle elezioni regionali contribuendo a far risalire del 13% la coalizione, dopo la disfatta delle politiche del 2018».