12 Giugno 2013


L'audizione di fronte alla Commissione cultura, scienze ed istruzione della Camera

Il sostegno all’editoria, la questione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico, le problematiche del diritto d’autore. Questi sono alcuni dei temi che ho affrontato nel mio intervento di fronte alla VII Commissione Cultura, scienze ed istruzione della Camera dei Deputati. Di seguito trovi il testo completo.

Onorevoli Colleghi,

sono qui per illustrarvi, secondo consuetudine, le linee guida che ispireranno la mia azione di Governo con riferimento ai diversi ambiti di competenza che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha ritenuto di affidarmi conferendomi apposita delega.

1. Premessa Nel ringraziare il Presidente e tutti i componenti della Commissione per l’occasione che mi è stata offerta, desidero innanzitutto formulare l’auspicio che, a partire da oggi, possa instaurarsi un canale aperto di scambio che consenta al Governo e al Parlamento, con il pieno coinvolgimento sia della maggioranza che delle opposizioni, di confrontarsi su ciascun tema all’ordine del giorno con la tempestività e l’efficacia imposte dalla difficile fase nella quale ci troviamo. La persistenza della congiuntura economica avversa, da un lato, e la rapida trasformazione del mercato dei Media, dall’altro, stanno esponendo l’intero sistema editoriale italiano a una crisi profonda, con conseguenze che non potranno che essere sistemiche. I dati più recenti relativi all’editoria quotidiana e periodica lo testimoniano chiaramente. Secondo il Rapporto FIEG 2010-2012, nello scorso anno i quotidiani hanno registrato una riduzione delle copie vendute del 6,6%, i settimanali del 6,4% e i mensili dell’8,9%. Ne è risultato un decremento di copie vendute pari al 22% nell’ultimo quinquennio. Al generale peggioramento dei risultati di bilancio delle imprese editrici, si è accompagnata una caduta degli investimenti pubblicitari (-26,1% per i quotidiani e -22,3% per i periodici nel primo trimestre 2013). Con un riflesso in termini di ricavi delle imprese che si esprime in una contrazione del 9% per i quotidiani e del 9,5% per i periodici. Questi dati si innestano in un contesto nazionale cronicamente affetto dalla scarsa propensione alla lettura ed all’acquisto di giornali cartacei (vedi “Il Rapporto sulla promozione della lettura in Italia 2013” promosso dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri), ma ciò nondimeno caratterizzato da un’elevata domanda di informazione, attestata dal crescente interesse per le edizioni on line dei giornali. A testimoniare questo interesse è la crescita del volume di vendite dell’editoria online, che incide in misura ancora oggettivamente ridotta sui ricavi delle imprese editoriali. I ricavi, infatti, sono ancora prevalentemente alimentati dalle vendite della carta stampata. I più recenti dati disponibili ci dicono però di un consistente incremento degli utenti dei siti dei quotidiani on line anche se percentualmente inferiore alla crescita degli utenti di servizi sul web. Pur tuttavia, la fiducia che i consumatori accordano alla pubblicità sulla stampa tradizionale resta ancora prevalente rispetto a quella sul web. Uno studio del VTT-Technical Research Centre of Finland, condotto nel 2012 sui consumatori di 13 Paesi europei, evidenzia per la stampa tradizionale un indice di fiducia del 63%, contro il 41% della televisione e del 25% di internet. A questa situazione di storica debolezza ed oggi, ormai, di conclamata crisi del sistema editoriale, ha corrisposto negli ultimi anni una continua contrazione delle risorse pubbliche destinate alle politiche per l’editoria, per effetto dei ripetuti tagli di bilancio imposti dalle esigenze di risanamento dei conti pubblici. Ne è risultato un quadro segnato dall’incertezza e dall’instabilità delle risorse disponibili, che ha finito per comprimere entro lo stretto orizzonte dell’emergenza contingente ogni prospettiva di ordinato e coerente sviluppo del mercato editoriale nazionale. In tal senso, si impone oggi innanzitutto un intervento che garantisca al sistema dell’editoria una quota di risorse pubbliche stabile e certa, ancorché necessariamente ridimensionata rispetto al passato. Quanto al merito delle specifiche azioni di sostegno da intraprendere, occorre evidenziare che la crisi economica ha aggravato la condizione di un settore già segnato da storici limiti strutturali, amplificando pregressi fattori di criticità che, in compenso, possono essere oggi meglio riconosciuti ed aggrediti. Il riferimento è alla struttura e alla dimensione ancora inadeguate del mercato pubblicitario, alle perduranti carenze e inefficienze del sistema distributivo, all’elevato costo del lavoro, alla mancanza di efficaci politiche di sostegno alla domanda, ecc. Si tratta, in definitiva, di una situazione difficile, ma – come accade in ogni grande passaggio di fase – anche ricca di opportunità. La prima opportunità è costituita dall’evoluzione tecnologica e dall’avanzata del digitale, che sta indirizzando gli utenti verso diversi modi di accesso e fruizione delle notizie, anche paralleli (si pensi ai social network). A questo proposito, le questioni con le quali il Parlamento e il Governo sono chiamati a confrontarsi sono particolarmente complesse e delicate, in quanto inscindibilmente connesse al buon funzionamento di ogni sistema democratico. Il nuovo perimetro dell’intervento pubblico ricomprende oggi i temi della salvaguardia del pluralismo del sistema editoriale e del sistema dell’informazione in un mercato sempre più dominato dalla tecnologia digitale; della modernizzazione del sistema della distribuzione; del sostegno all’innovazione tecnologica e alla trasformazione industriale; della tutela dell’occupazione, in particolare quella giovanile; della qualità e professionalità dell’informazione sul mercato dell’editoria digitale; e – non da ultimo - i problemi nuovi e peculiari che si pongono oggi per la tutela della proprietà intellettuale e per le garanzie della libertà di espressione e della piena accessibilità e sicurezza della Rete per tutti i cittadini. Non è un caso che si tratti di questioni che impegnano i Governi, i Parlamenti e le opinioni pubbliche di tutti i principali Paesi avanzati, con implicazioni di scala europea e globale. In questo quadro, un sistema di sostegno pubblico al pluralismo degli organi di informazione e dei Media in generale ha ancora una forte ragion d’essere, tanto più in un contesto – come quello attuale - segnato da un calo di vendite e ricavi destinato di per sé a contrarre e/o condizionare gli spazi di pluralismo. L’informazione costituisce un “bene pubblico” che non può essere collocato in una dimensione puramente competitiva e commerciale. Lo conferma il fatto che, sia pure in forme diverse (dirette ed indirette), il sostegno all’editoria è ancora largamente presente e diffuso nei paesi dell’Unione Europea, dove raggiunge nel complesso un livello notevolmente superiore a quello attualmente vigente in Italia (v. lo specifico studio Reuters pubblicato dall’Università di Oxford intitolato “Public Support for the media. A Six-Country Overview of direct and indirect Subsides di Rasmus Kleis Nielsen con Geert Linnebank). Ciò che occorre è semmai un progetto di rilancio dell’intero sistema dell’editoria nazionale orientato all’innovazione. Un piano orientato, per un verso, ad accompagnare la riqualificazione del sistema della contribuzione pubblica – secondo le nuove linee utilmente tracciate dal mio predecessore – e, per altro verso, a delineare una rete integrata e proattiva rivolta a tutti i soggetti (non solo quelli raggiunti dalle sovvenzioni dirette), che comprenda congiuntamente gli interventi a sostegno del turnover e del rinnovamento generazionale e quelli per la promozione dell’innovazione tecnologica e della transizione verso l’editoria digitale. 2. Il sostegno all’editoria E’ convincimento tanto diffuso, quanto infondato, che nel nostro Paese esista ancora oggi un regime di aiuti al sistema dell’editoria nazionale generalizzato e finanziariamente rilevante. La realtà è invece molto diversa da come rappresentata. I grandi giornali d’informazione non sono più destinatari di alcun contributo diretto e le preesistenti agevolazioni tariffarie postali, in parte finanziate dallo Stato, sono state per legge “sospese” dal 30 marzo 2010 e fino a tutto il 31 dicembre 2013. A tale riguardo, ritengo che l’accordo attualmente vigente tra Poste italiane e le associazioni degli editori costituisca uno strumento valido anche in una prospettiva futura. Occorre, inoltre, dissolvere l’opinione, tanto infondata quanto resistente ad ogni evidenza, in base alla quale il sostegno pubblico al sistema dei Media sia una prerogativa italiana. In ogni democrazia sviluppata i governi compiono sforzi enormi per promuovere il pluralismo culturale ed informativo. Francia, Spagna, Germania, Finlandia, Belgio, Svezia e Regno Unito offrono in vario modo un sostegno al sistema dei Media per motivi economici e sociali, nella convinzione che l’andamento del mercato, in questo settore, non può considerarsi sufficiente a garantire, da solo, un adeguato livello di pluralismo e di indipendenza agli organi di informazione. Nella classifica stilata dagli studiosi nel richiamato Report pubblicato dall’Università di Oxford con riferimento al sostegno al sistema dell’informazione, l’Italia si colloca, rispetto al contesto dei sei Stati esaminati comparativamente, nelle retrovie con una spesa pubblica per cittadino di 43 euro annui a fronte, ad esempio, dei 103 della Finlandia (vedi Tabelle 1 e 2 allegate). Nel nostro Paese all’attuale regime di contribuzione diretta - che interessa, nel suo complesso, un numero comunque circoscritto di testate - sono destinate risorse finanziarie pubbliche pari a circa 95,7 milioni di euro, cifra stanziata nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il solo anno 2013. Tale importo è frutto dell’integrazione di 45 milioni di euro disposta dall’ultima legge di stabilità per il solo anno 2013.  Pertanto, già nell’anno 2014 la dotazione è destinata a ridursi a circa 55 milioni di euro annui, stando alle previsioni del bilancio pluriennale dello Stato a legislazione vigente. Nella difficile congiuntura economica che stiamo vivendo, e che non ha risparmiato il comparto, il tracollo delle risorse pubbliche destinate, in particolare, al settore dell’editoria delle cooperative e del no profit emerge con chiarezza dall’esame della serie storica dei dati di consuntivo (vedi Tabella 3 allegata), tratti dai bilanci della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’ammontare dello stanziamento per i contributi diretti alle imprese è passato dai 245 milioni di euro dell’anno 2006 ai citati 95 milioni di euro previsti per il 2013, con la proiezione ulteriormente negativa cui ho fatto cenno. Per dare un’idea dell’effettivo ridimensionamento dell’intervento pubblico, basti pensare che nel 2006 le risorse destinate complessivamente al comparto editoria ammontavano a circa 700 milioni di euro (contribuzione diretta, indiretta, convenzioni Rai e Agenzie di stampa, ecc.). Verrebbe di commentare, come ha fatto anche qualche organo di stampa, che l’ammontare delle risorse in questione è di gran lunga inferiore a quello che lo Stato destinava, per esempio, agli ippodromi; oppure che il totale per tutti non raggiunge nemmeno lontanamente il costo di un singolo velivolo aereo, sia detto fuor di polemica, sia civile che militare. Quanto all’impatto effettivo dell’intervento pubblico, si deve rilevare che le 220 testate beneficiarie di contributi pubblici, costituite in prevalenza da cooperative di giornalisti e da quotidiani e periodici editi da imprese facenti capo a fondazioni o enti morali, rappresentano quantitativamente una realtà minoritaria rispetto al l’insieme delle testate operanti sul mercato. Nell’ambito dei beneficiari dei contributi - per intenderci - i giornali di partito rappresentano una ristretta minoranza (appena 11 sui citati 220 soggetti aventi titolo). Le imprese sostenute dal contributo pubblico, spesso molto radicate nelle realtà locali, impiegano migliaia di  giornalisti (professionisti, pubblicisti e collaboratori), più un significativo numero di altri addetti (ad es. i poligrafici editoriali), senza considerare i livelli di occupazione nell’indotto (materie prime, centri di stampa, di distribuzione ecc). Dai dati tratti dalle certificazioni degli ultimi bilanci disponibili, relativi all’anno 2011, emerge che le copie vendute dalle testate percettrici di contributi pubblici ammontano in totale a poco meno di 265 milioni di copie, per un fatturato complessivo di circa 276 milioni di euro, al netto dei rimborsi derivanti dalla contribuzione pubblica. Mi pare significativo sottolineare che l’incidenza del sovvenzionamento a carico dello Stato non supera, nel 2011, la soglia del 36% del fatturato da mercato delle imprese percettrici, mantenendosi in un margine che mi consentirete di definire fisiologico per imprese editoriali che vivono sostanzialmente di vendite e pubblicità. Non possiamo nasconderci che nel tempo, come peraltro in ogni settore di contribuzione pubblica, sono emerse irregolarità e comportamenti illeciti e, in alcuni casi, vere e proprie truffe di cui si è occupata e tutt’ora si occupa l’autorità giudiziaria. Questo, sia detto per inciso, è in larga parte il prodotto della stretta collaborazione che il Dipartimento per l’editoria ed i Nuclei Speciali della Guardia di Finanza, coordinati dal Comando Generale, hanno costruito ed affinato negli ultimi anni, mettendo insieme le rispettive conoscenze e pianificando le attività di controllo – attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa - nell’intento di far emergere i fenomeni patologici e di recuperare risorse da redistribuire a vantaggio delle imprese che rispettano le regole. E’ di questi giorni la notizia che, nell’ambito di procedimenti penali in corso, sono stati effettuati sequestri per equivalente per un importo pari a circa 2,3 milioni di euro. Quanto all’esito dell’attività ispettiva, i primi risultati concreti sono rappresentati dai circa 10 milioni di euro recuperati a seguito dei controlli effettuati sui soggetti percettori dei contributi diretti per l’anno 2010. Tali risorse sono state riportate a bilancio per essere riassegnate alle imprese risultate legittimamente titolate alla contribuzione diretta nel medesimo esercizio finanziario. Nelle prossime settimane, il Dipartimento provvederà dunque a liquidare alle imprese interessate le integrazioni, come ulteriore quota di contributo per l’annualità 2010. Tuttavia, l’entità di questi recuperi è destinata nel medio periodo a ridimensionarsi. Il nuovo sistema di regole che oggi presiede all’accesso e all’erogazione dei contributi (a partire dall’anno 2012) già prevede vincoli molto più stringenti, tali da impedire il ripetersi dei casi più eclatanti che hanno occupato in anni recenti le cronache giornalistiche. Mi riferisco, in particolare, alle nuove disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 63/2012, convertito dalla legge n.103/2012, approvato nel corso della precedente legislatura, con il quale l’intero sistema ordinamentale della contribuzione diretta alla stampa è stato profondamente ridefinito nei requisiti di accesso, nel sistema di calcolo del contributo, nei tetti massimi erogabili. In particolare, l’accesso ai contributi è oggi subordinato a parametri meglio espressivi della reale capacità dell’impresa di stare sul mercato, quale il numero delle copie effettivamente vendute rispetto a quelle distribuite, senza che assumano più alcun rilievo le copie frutto della mera tiratura ovvero di vendite in blocco o tramite strillonaggio. Inoltre, al fine di incentivare l’occupazione giornalistica e poligrafica presso le imprese editrici si prevede, per la prima volta, come requisito fondamentale l’impiego di un numero minimo (almeno 5 unità) di dipendenti assunti a tempo indeterminato. Ulteriori accorgimenti sono stati presi nell’ambito dei provvedimenti attuativi previsti dal decreto-legge n. 63/2012, adottati nel marzo scorso, di concerto con il Ministro dell’economia, concernenti la nuova disciplina dei costi di produzione rimborsabili, sia per l’edizione cartacea che per quella in formato digitale. Quanto al complesso dei provvedimenti attuativi del decreto n. 63/2012, rimane a tutt’oggi da adottare - ma è comunque in fase avanzata di definizione - solo il regolamento per la stampa periodica all’estero. Resta invece condizionata all’adozione delle necessarie iniziative da parte di tutti i soggetti della filiera distributiva l’effettiva attivazione del credito d’imposta, anch’esso previsto dal decreto n. 63/2012, per il sostegno all’adeguamento tecnologico degli operatori, ai fini della modernizzazione del sistema di distribuzione. Va inoltre segnalato il fatto che, per la prima volta, viene richiesto che i pagamenti delle spese di produzione (carta, personale, stampa e distribuzione) siano effettuati con strumenti che ne consentano la piena tracciabilità, anche al fine di avere contezza che essi siano stati effettivamente sostenuti prima dell’erogazione del contributo, che si configura ora più propriamente rimborso. Un’assoluta novità del nuovo sistema di contribuzione è quello che concerne la disciplina di dettaglio dei costi rimborsabili per i quotidiani e periodici che transitano al formato digitale, che per gli anni 2012 e 2013 prevede una percentuale più alta di ristoro dei costi sostenuti (70% in luogo del 50% contemplato per le edizioni cartacee), al fine di incentivare il passaggio a forme di pubblicazione dai costi industriali più contenuti e dai modelli di business più flessibili. Insomma, il “pubblico” e parziale sovvenzionamento del pluralismo editoriale avviene in cambio di più trasparenza, più innovazione e più lavoro. Questo è, dunque, il quadro delle nuove regole in cui si muove l’attuale sostegno all’editoria. L’aver posto queste regole è stato un passo indubbiamente importante, ma non può sottacersi che ogni sforzo sotto questo profilo sarà inutile se non si ha consapevolezza di due fattori di sviluppo essenziali: da un lato, la stabilità nella definizione delle risorse destinate al settore; dall’altro, la messa in campo di un piano di misure coerenti e integrate per l’intero sistema dell’editoria, indispensabili per affrontare con qualche chance di successo una crisi di settore che ha radici profonde. 3. La modernizzazione della rete di distribuzione e vendita Per avviarci verso una nuova stagione volta ad incentivare l’innovazione di prodotto e di processo, è necessario coinvolgere tutti gli operatori della filiera. In proposito, devo osservare che è veramente singolare che gli editori non possano disporre, oggi, di uno strumento essenziale di gestione e di programmazione che dia loro informazioni affidabili, in tempo reale, sulla vendita dei giornali sul territorio, e tutto questo a causa dell’assenza di una rete informatica che colleghi editori, distributori ed edicolanti. Ma va detto che l’adeguamento tecnologico della rete di distribuzione e vendita è anche il presupposto per un riassetto dei rapporti interni alla filiera, che oggi vede gli edicolanti penalizzati da una serie di obblighi, ispirati certamente alla tutela dei principi recati dall’art. 21 della Costituzione (primi fra tutti, quello di accettare tutte le pubblicazioni distribuite e quello di garantire la c.d. “parità di trattamento” nell’esposizione di tutti i giornali, gadgets compresi, in spazi commerciali spesso molto ristretti) ma che ne limitano fortemente l’autonomia finanziaria e gestionale. Dagli incontri che ho avuto con le diverse associazioni di categoria ho tratto la convinzione che il mercato della distribuzione/diffusione dei giornali risente sicuramente di talune distorsioni, dovute anche alla disparità di potere contrattuale e di autonomia gestionale tra edicolanti e distributori. Sempre più spesso singoli rivenditori e le loro associazioni sono ricorsi alla magistratura ed all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per contrastare i fenomeni a loro avviso più lesivi dei loro diritti ed interessi. Vi è, quindi, una situazione di conflittualità  nei rapporti tra le associazioni dei diversi operatori della filiera ancora non risolta. Tale situazione va sicuramente affrontata - sia in termini regolatori che di misure necessarie a favorire la modernizzazione – nella prospettiva di dare alla filiera un assetto più equilibrato dei rapporti tra le sue componenti e per renderla più aperta, efficiente e competitiva. 4. Agenzie di Stampa Un equilibrato sistema di sostegno pubblico all’informazione non può non prendere in considerazione anche il settore specifico e specializzato delle agenzie di stampa, che assicurano l’informazione primaria su cui si basa spesso anche l’ informazione e la riflessione che nasce e si diffonde nei social networks. Il ruolo svolto dalle agenzie è certamente essenziale, anche per l’attività delle pubbliche amministrazioni, che sono chiamate a vivere e ad agire in modo sempre più consapevole nel contesto dell’attualità. Per questo, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto “centrale di committenza” individuata dalla legge (leggi 15maggio1954, n. 237 e 27 dicembre 1997, n.449 – art.55, comma 24), acquista dalle agenzie di stampa a diffusione nazionale notiziari e servizi giornalistici per garantire alle diverse amministrazioni dello Stato una completa informazione attraverso la più ampia pluralità di fonti. Vengono inoltre acquistati, insieme con il Ministero degli affari esteri, notiziari e servizi destinati al Ministero stesso e alla rete delle rappresentanze diplomatiche e consolari, riguardanti in particolare determinate aree geografiche, oltre che dedicati all’economia italiana, alla promozione del made in Italy e alle iniziative culturali e sociali degli italiani nel mondo. Il quadro normativo posto alla base di questo intervento è, per opinione diffusa, migliorabile. L’acquisto di questa tipologia di servizi, occorre riconoscerlo, non può essere assimilato a quello di qualunque altro servizio o bene strumentale all’attività delle pubbliche amministrazioni, trattandosi di un “bene pubblico” che rimanda alle fondamentali esigenze di pluralismo dell’informazione. In questi anni, la prassi amministrativa ha elaborato ragionevoli criteri in base ai quali vengono acquistati i servizi di agenzia, tenendo conto di elementi qualitativi e quantitativi (riferiti ad esempio alle dimensioni e all’organizzazione delle agenzie, al numero dei “lanci” di notizie, alla specializzazione dei servizi), oltre che di una più attenta considerazione dei fabbisogni informativi delle amministrazioni statali. Oggi si impone l’esigenza di una riflessione ulteriore: in particolare, se sia conveniente mantenere questo assetto, magari affinando i criteri per l’individuazione dei servizi da acquistare (quali, quanti e da chi), ovvero se sia più opportuno passare ad una qualche forma di contribuzione regolata, sull’esempio di quanto avviene per la stampa quotidiana e periodica (e su questo punto potrà farsi riferimento alla discussione iniziata presso questa stessa Commissione, nella precedente legislatura nell’ambito del d.d.l. presentato dal Governo in tema di riforma del sistema di contribuzione). Naturalmente, in questo caso, dovrà essere garantita la fornitura dei servizi informativi per le amministrazioni statali, con connotati di assoluta pluralità delle fonti, e senza ulteriori aggravi finanziari. L’obiettivo è comunque quello di favorire lo sviluppo di nuovi prodotti e piattaforme multimediali, in grado di competere con le migliori offerte presenti nel mercato internazionale. In ogni caso, quale che sia la prospettiva, è opportuno dotare questo specifico ambito di intervento di una base normativa più certa e moderna. 5. Convenzioni con la Rai per la trasmissione di programmi per le minoranze linguistiche e per le comunità degli italiani all’estero. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il tramite del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, stipula con la RAI apposite convenzioni per la trasmissione di programmi destinati alle minoranze linguistiche: trasmissioni in lingua tedesca e ladina per la Provincia autonoma di Bolzano, in lingua francese per la Valle d’Aosta, nonché in lingua slovena e friulana per il Friuli Venezia Giulia, ai sensi degli articoli 19 e 20 della legge 14 aprile 1975, n. 103 “Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva”. Ai sensi della stessa legge è stipulata una convenzione per la realizzazione e la trasmissione di programmi per l’estero. Tutte le convenzioni sono state recentemente rinnovate per il triennio 2013-2015. Vi sono due principali novità: la prima è che gli oneri previsti dalla convenzione per le trasmissioni in lingua tedesca e ladina vengono assunti dalla Provincia autonoma di Bolzano, ai sensi del cd “accordo di Milano”: ciò ha consentito di risparmiare risorse e investire maggiormente nelle altre convenzioni. Inoltre, nelle convenzioni stipulate di recente l’importo è bloccato per i tre anni di durata delle stesse (mentre in precedenza poteva essere rimodulato di anno in anno in relazione alle effettive disponibilità di bilancio), in modo tale da consentire alla Rai di predisporre, con le tempistiche necessarie, una programmazione adeguata dei palinsesti e all’Amministrazione di mantenere costante il livello dei costi. Si sono accorpate le altre due convenzioni destinate alle minoranze linguistiche della Val d’Aosta e del Friuli-Venezia Giulia; come si è accennato, l’importo complessivo, 14 milioni annui, è superiore a quello del triennio precedente, il che consentirà un maggior numero di ore di trasmissione, e particolarmente  di inserire programmi in lingua friulana, come previsto dal contratto di servizio. La convenzione per la realizzazione e la trasmissione di programmi per l’estero è stata rinnovata  per il triennio 2013 – 2015, con una previsione di spesa annua di 7 milioni di euro, con un incremento di 700.000 euro rispetto all’anno precedente. Anche in questo caso si è ottenuta l’autorizzazione ad assumere un impegno pluriennale, e quindi con un importo predefinito e bloccato per l’intera durata negoziale. La Presidenza del Consiglio, attraverso questa convenzione, partecipa ai costi sostenuti per la produzione e l’acquisto di programmi di informazione e intrattenimento destinati alle comunità italiane all’estero e all’utenza straniera interessata all’Italia. 6. La questione dell’ “Equo compenso nel lavoro giornalistico” Il pluralismo dell’informazione, che costituisce il faro dell’intervento pubblico, non può però essere assicurato senza porre le basi anche di una tutela delle condizioni economiche minime che devono essere assicurate ai giornalisti, affinché possano svolgere con dignità ed indipendenza la loro professione, garantendo quindi un livello qualitativo adeguato del prodotto editoriale. Sotto questo profilo il Parlamento ha fatto già la sua parte approvando, nella scorsa legislatura, la legge 31 dicembre 2012, n. 233 in materia di “Equo compenso nel settore giornalistico”, entrata in vigore il 18 gennaio di quest’anno. L’onere passa ora al Governo, che è chiamato ad attuarla efficacemente ed in tempi rapidi; e su questo voglio assicurarvi il mio personale impegno, convinto come sono della necessità, tra l’altro, di arginare e contrastare i fenomeni patologici dell’occupazione giornalistica che si sono diffusi negli ultimi anni, con l’allargarsi delle aree del precariato e dell’esternalizzazione nella elaborazione del prodotto giornalistico. Mi riprometto, in particolare, di favorire attraverso i lavori della Commissione sull’Equo compenso il raggiungimento di un accordo che, nel rispetto dello spirito della legge, possa realizzare un conveniente assetto degli interessi in gioco. Voglio, a questo punto, informarvi brevemente dei passi già compiuti per rendere operativa la legge, ed in particolare per avviare il lavoro della Commissione che ha il compito, non semplice, di individuare gli standard minimi di trattamento economico che devono essere assicurati nell’impiego dei giornalisti in tutto il settore dei media (giornali, emittenti radio-televisive, agenzie di stampa). In base alla legge, la Commissione è così composta:

  • un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
  • un rappresentante del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti;
  • un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei giornalisti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei committenti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese interessate;
  • un rappresentante dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI).

Nel mese di febbraio il Dipartimento ha chiesto alle amministrazioni ed alle associazioni di categoria presenti nella Commissione di designare i loro rappresentanti, ed il 4 marzo si è tenuta la prima riunione di insediamento,  alla quale tuttavia non hanno partecipato gli editori. Negli stessi giorni, le associazioni degli editori avevano infatti posto formalmente un problema concernente la composizione della Commissione: a loro avviso, non era corretta la richiesta, loro rivolta, di designare un unico rappresentante;  ritenevano invece che una più equilibrata interpretazione della norma li abilitasse a designare un rappresentante per ciascuna delle aree dell’attività giornalistica (quotidiani, periodici, editoria on-line, agenzie di stampa ed emittenti radiotelevisive) citate nella diposizione di apertura della stessa legge, e che ne individua il campo d’azione. E’ stato quindi necessario acquisire il parere di un Organo terzo (la stessa Commissione ha ritenuto di interessare il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri), in considerazione della rilevanza della questione e nell’intento di sgombrare il campo da un elemento che – non chiarito – avrebbe compromesso la possibilità della Commissione di espletare il suo compito proficuamente ed in un clima di serenità. Acquisito, a metà marzo, il parere del predetto Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (che ha confermato la correttezza della richiesta rivolta agli editori di designare un rappresentante unico) si è proceduto a darne comunicazione alle associazioni, sollecitando, a questo punto, la designazione del loro rappresentante in Commissione. Va registrata, in proposito, una ulteriore richiesta di chiarimenti che gli editori hanno formulato, in ordine ai criteri da seguire per individuare le associazioni datoriali comparativamente più rappresentative; anche a tale quesito è stata data risposta, ma a tutt’oggi la designazione del rappresentante degli editori non è pervenuta, pur avendo gli stessi assicurato, in una loro comunicazione, di non volersi sottrarre al compito dato dalla legge e di non voler inibire l’operatività della Commissione. A questo riguardo, voglio precisare che la Commissione, sotto un profilo strettamente giuridico, è in grado di espletare il proprio mandato anche in assenza della designazione di una delle componenti (è stato infatti opportunamente chiarito, dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza, che la Commissione in argomento non sembra potersi qualificare come “collegio perfetto”); tuttavia, voglio qui, davanti a voi,  esprimere fortemente un invito alle associazioni degli editori a designare senza ulteriori ritardi il loro rappresentante, perché sono convinto che il compito – delicato ed importante – affidato alla Commissione debba essere rapidamente portato a compimento con il concorso effettivo di tutti gli attori del sistema. I lavori della Commissione riprenderanno entro il 13 giugno, data per la quale è stata convocata una nuova seduta. Ho motivo di ritenere che, grazie al confronto  ed alla mediazione promossi dal Governo, per la prossima seduta la Commissione sarà integrata anche con la rappresentanza degli editori. 7. La Comunicazione Istituzionale Rientra nel novero delle deleghe che mi sono state  affidate l’attività di informazione e comunicazione istituzionale. In questo ambito, il dipartimento per l’informazione e l’editoria realizza le campagne di comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri e supporta, sotto varie forme,  quelle di altre amministrazioni. Tra le campagne più recenti, trasmesse sulle reti Rai, si ricordano quelle sulla promozione della lettura, sulle misure adottate in favore dei giovani, sulla semplificazione amministrativa, sull’importanza dell’esercizio fisico, su EXPO 2015. In questo settore di competenza, la funzione più significativa è quella del coordinamento. Coordinamento che dovrebbe condurre, in particolare, all’elaborazione di strategie di comunicazione del Governo efficaci, coerenti e riconoscibili. A questo proposito, voglio sottolineare come, per la prima volta, la delega alla comunicazione istituzionale sia stata conferita congiuntamente a quella per l’attuazione del programma di Governo. In tal senso, si prospetta l’opportunità strategica di individuare più tempestivamente ed efficacemente le priorità su cui investire in termini di comunicazione, potendo cogliere tutti i punti di contatto ed interconnessione tra le azioni intraprese dall’Esecutivo, a beneficio non solo della consapevolezza dei cittadini, ma anche della stessa efficacia dell’azione di Governo. Occorrerà creare le condizioni perché la comunicazione pubblica realizzi un vero dialogo con i cittadini, piuttosto che rispondere a esigenze di propaganda, e sostenere le amministrazioni perché, in tempi di risorse scarse, la spesa per la comunicazione sia resa più efficiente, mediante la scelta più oculata degli obiettivi, dei pubblici di riferimento, degli strumenti da utilizzare. Vanno in questa direzione le “Linee guida per la predisposizione del piano di comunicazione del Governo” emanate nel novembre scorso: la loro implementazione richiederà una collaborazione stretta con i responsabili della comunicazione di tutti i ministeri, insieme con l’impegno del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. 8. Le problematiche del Diritto d’Autore Nel quadro generale del sostegno all’editoria non può mancare il tema del diritto d’autore e degli strumenti necessari alla sua tutela, in un contesto particolarmente difficile, come quello attuale, che vede convivere, sulla Rete, le imprese editoriali che investono risorse per produrre informazione di qualità con modalità innovative, ed altre forme di impresa  – tipicamente i “motori di ricerca” come Google, Yahoo ed altri – che, nell’ambito della enorme raccolta di dati messa a disposizione di chiunque vi acceda, includono anche  i contenuti editoriali prodotti dalle testate on-line. Da questo punto di vista, può certamente dirsi che la Rete, con la sua forza straordinaria, è stata ed è un formidabile alleato della carta stampata che negli ultimi tempi ha saputo coglierne le opportunità in termini di innovazione e di risposta efficace alle nuove esigenze del pubblico. A fronte di questa criticità, in vari Paesi, non solo europei, gli editori hanno chiesto, con sempre maggior forza, in particolare al colosso digitale Google di riconoscere in loro favore una remunerazione per le notizie giornalistiche indicizzate dal proprio motore di ricerca e, in generale, da tutti i servizi di aggregazione di notizie (come Google News).  Più di recente, il 25 ottobre 2012 gli editori francesi, tedeschi ed italiani hanno anche sottoscritto un appello comune ai rispettivi governi per una adeguata remunerazione dello sfruttamento delle opere editoriali ed un’equa condivisione del mercato digitale. In Europa, attualmente, vi sono due orientamenti sul tema che si riflettono in misure di intervento differenti. Da una parte ci sono Belgio e Francia, che hanno raggiunto un accordo negoziale con Google, mentre la Germania che ha deciso di regolamentare la questione attraverso un intervento legislativo. In Francia, in particolare, l’accordo è stato raggiunto a seguito di un’iniziativa del Governo, che ha a tal fine nominato un mediatore. Sotto il profilo dei contenuti, l’intesa prefigura, per un verso, l’impegno di Google a versare in un apposito fondo – gestito congiuntamente con gli editori e nel quale è rappresentato anche il Governo francese - 60 milioni di euro da destinare al finanziamento di progetti editoriali innovativi e alla transizione delle testate verso le piattaforme digitali.  Tale accordo costituisce di fatto una via di mezzo tra una sorta di remunerazione in via equitativa, o saldo forfettario per i diritti di copyright, ed un “piano di aiuti” a favore dell’editoria francese. Come già anticipato, la linea d’azione scelta della Germania è stata piuttosto quella dell’intervento per via legislativa. Dopo l’approvazione da parte del Bundestag, anche il Bundesrat ha approvato in via definitiva il progetto di legge rinominato link tax sul nuovo diritto d’autore online che prevede, da parte di Google ed altre piattaforme, il versamento delle royalties agli editori per la pubblicazione di contenuti.  Il progetto di legge sul diritto d’autore accessorio (come può essere definito), nella sua forma originaria prevedeva una tassa sul copyright a favore degli editori per tutte le notizie giornalistiche indicizzate sui motori di ricerca.  Con l’approvazione del Bundesrat  però, si è intervenuto sulla derogabilità di tali previsioni nei confronti dei titoli o di sintesi brevi.  Pertanto, il testo definitivo conferisce agli editori il diritto esclusivo di commercializzare i loro prodotti o parti di essi, tranne nel caso di singole parole o frammenti di testo molto sintetici, rendendo possibile per i motori di ricerca come Google e per tutti gli altri aggregatori riportare parzialmente testi citati. A questo proposito, ribadisco la mia intenzione di avviare sul tema un’ampia riflessione che tenga conto, non solo delle soluzioni europee finora sperimentate, ma anche degli spunti offerti dagli stessi utenti e fruitori della Rete.  9. Le problematiche della Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) La Società Italiana Autori ed Editori, ente pubblico economico a base associativa, preposto alla riscossione dei compensi per i diritti d’autore, opera sotto la vigilanza congiunta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza. Negli ultimi anni, la SIAE ha sofferto di una situazione di grave conflittualità interna tra le diverse componenti rappresentate, con conseguente paralisi nella governance della Società con l’effetto di essere stata soggetta, negli ultimi venti anni, a ben otto anni di gestione commissariale; il che ha indotto il Governo pro-tempore a nominare, con provvedimento del 9 marzo 2011, un Commissario straordinario nella persona di Gian Luigi Rondi, con il mandato – in particolare – di definire un nuovo statuto dell’ente, nella prospettiva di perseguire il risanamento finanziario e l’equilibrio economico gestionale della società, anche attraverso l'adozione di modifiche statutarie idonee a renderne più efficace e gestibile la governance e ad assicurare una effettiva rappresentatività, in seno agli organi sociali, ai titolari dei diritti in rapporto ai relativi contributi economici. A seguito di un delicato lavoro di approfondimento e di mediazione, il 9 novembre 2012 è stato approvato il nuovo Statuto della SIAE, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato di concerto con i Ministri per i beni e le attività culturali e dell’economia e delle finanze. Le principali novità del nuovo statuto riguardano il meccanismo elettorale interno, che intende assicurare una effettiva rappresentatività ai titolari dei diritti in rapporto ai relativi contributi economici, mantenendo, al contempo, un limite al numero massimo dei voti esprimibili da ciascun associato in relazione al suo “peso economico”, bilanciato da un rafforzato “diritto di tribuna” a tutela delle minoranze. Sono state introdotte, altresì, rilevanti disposizioni volte a garantire la maggiore trasparenza nella rappresentazione dei dati contabili quali, in particolare: la separazione contabile delle singole Sezioni in cui si articola la Società, il rendiconto separato per quanto riguarda le risorse provenienti dall’esercizio di funzioni di natura pubblicistica, e la presenza, nell’ambito del rendiconto di gestione, di una specifica relazione sulle disponibilità finanziarie derivanti dalla riscossione dei diritti incassati ma non ancora ripartiti. Si è dunque conclusa la fase di gestione commissariale. A seguito dell’approvazione dello Statuto, è stato possibile attivare le procedure per la nomina delle nuove cariche associative. L’Assemblea degli associati, in data 1° marzo 2013, ha proceduto all’elezione del Consiglio di sorveglianza, che in data 18 marzo 2013 ha nominato il nuovo Consiglio di gestione, designando il Maestro Gino Paoli per la carica di Presidente. Si sono pertanto poste le premesse per un efficace e ordinato passaggio della Società dalla gestione commissariale a quella ordinaria, anche in vista dei nuovi scenari di regolazione e di governance che si stanno delineando in ambito comunitario a seguito della “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multi-territoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno” COM (2012) 372 dell’11 luglio 2012, attualmente in fase ascendente.  10. I diritti connessi al diritto d’autore. La liberalizzazione: questione aperta In questo quadro, a livello nazionale, si inseriscono le problematiche relative a quel particolare aspetto del diritto d’autore rappresentato dai cosiddetti diritti connessi, vale a dire quelli derivanti dall’utilizzazione delle registrazioni di opere cinematografiche, audiovisive o musicali, che danno luogo alla corresponsione di un equo compenso a favore sia dei produttori delle opere sia degli artisti interpreti o esecutori. Come è noto, fino allo scorso anno nel nostro Paese l’attività di riscossione e ripartizione dei diritti connessi agli aventi diritto, in base al decreto-legge n. 64 del 2010, era svolta in regime di monopolio dall’Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori Nuovo IMAIE, associazione avente personalità giuridica di diritto privato, operante sotto la vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi è stata liberalizzata, ai sensi dell’articolo 39, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito dalla legge n. 27/2012, anche a seguito delle forti iniziative in tal senso avanzate da settori del mondo dello spettacolo e da talune associazioni di categoria. Il quadro normativo a livello comunitario, come accennato in precedenza, si va orientando nella stessa direzione, come dimostra il contenuto della “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multi-territoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno” COM (2012) 372 dell’11 luglio 2012, della quale è in corso l’iter di approvazione. Come previsto dal citato “Decreto liberalizzazioni”, è stato adottato il provvedimento di individuazione dei requisiti minimi necessari ad un razionale e corretto sviluppo del mercato degli intermediari (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 marzo 2013). Come richiesto dalla normativa, il testo ha ottenuto il preventivo parere favorevole da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La liberalizzazione dell’attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore ha creato diversi problemi interpretativi e applicativi di armonizzazione con la normativa previgente. In particolare, da più parti si è espresso il timore che la liberalizzazione possa sfociare in una totale deregulation, che non consentirebbe di tutelare gli interessi dei soggetti più deboli economicamente e quindi meno redditizi per le nuove imprese di collecting. Inoltre, la situazione di incertezza che potrebbe determinarsi circa l’esatta individuazione degli aventi diritto potrebbe portare ad una paralisi del mercato, a danno di tutti gli interessati. Si è segnalata, infine, l’opportunità di mantenere in capo al Nuovo IMAIE, in qualità di unico soggetto sottoposto a vigilanza pubblica, funzioni generali di carattere pubblicistico a favore dell’intera categoria degli artisti interpreti o esecutori. Il mio predecessore, intervenendo davanti a questa Commissione nella scorsa legislatura, nel corso dell’audizione in data 12 dicembre 2012, ha riconosciuto gli elementi di criticità segnalati all’attenzione del Governo, sottolineando che si tratta di aspetti che potranno avere soluzione solo con un ulteriore intervento di tipo normativo. Lo strumento idoneo per la definizione di tali problematiche è stato individuato nel decreto di riordino dell’intera materia del diritto connesso, la cui adozione è già prevista dall’articolo 7 del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64. Un primo schema del provvedimento è stato elaborato dalle Amministrazioni vigilanti e da un’apposita Commissione speciale designata nell’ambito del Comitato Consultivo Permanente per il diritto d’autore operante presso il Ministero per i beni e le attività culturali. Il testo è stato diramato lo scorso 26 marzo 2013 a tutte le associazioni di categoria interessate, ed è quindi stato rielaborato dalla Commissione speciale alla luce delle valutazioni e delle proposte emerse dal confronto con gli stakeholders, pur non nascondendo le difficoltà derivanti dalla situazione di forte contrapposizione che si è creata all’interno del settore. In particolare, il provvedimento si propone di individuare soluzioni concernenti i principali elementi di potenziale conflittualità nel settore, come emersi dal dibattito parlamentare:

  • le modalità con le quali procedere alla ripartizione dei compensi spettanti agli aventi diritto, in presenza, all’interno delle diverse società di collecting, di differenti criteri ripartizione e di definizione delle categorie di artisti primari e comprimari;
  • la tutela dei diritti acquisiti e quella dei titolari aventi diritto che non conferiscano mandato ad alcun soggetto intermediario, nonché una serie di funzioni di natura pubblicistica a favore dell’intera categoria degli artisti interpreti ed esecutori riconosciute ope legis al Nuovo IMAIE, che continua ad essere assoggettato alla vigilanza pubblica;
  • l’esatta definizione dell’ambito di applicazione della liberalizzazione dell’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi, resta controverso l’inquadramento della fattispecie che riguarda la riscossione e la ripartizione dei compensi derivanti dalla cosiddetta “copia privata audio e video” ;
  • la decorrenza dell’efficacia dei contratti di mandato stipulati tra i titolari dei diritti connessi e le nuove imprese che intendono svolgere l’attività di amministrazione e di intermediazione dei medesimi diritti, ai fini della riscossione dei proventi maturati in relazione ad un periodo di competenza in cui l’unico soggetto riconosciuto dall’ordinamento per lo svolgimento di tale attività era il Nuovo IMAIE.

11. Le linee programmatiche In conclusione, alla luce del quadro generale sin qui illustrato, ritengo che le politiche del Governo per l’editoria debbano far segnare un cambio di prospettiva, superando la logica puramente “resistenziale” e conservativa, imposta anche dai reiterati tagli di bilancio degli ultimi anni. Occorre un piano incisivo di rilancio dell’intero settore che contempli la modernizzazione degli strumenti dell’intervento pubblico adeguandoli al nuovo contesto economico e tecnologico. Come ho illustrato sopra, le disponibilità del bilancio pubblico sono da anni in fibrillazione permanente e quelle del settore dell’editoria, in particolare, hanno costituito luogo di elezione per trovare coperture a volte estemporanee a provvedimenti di spesa. Nondimeno, vorrei osservare che il comparto,  come ho avuto modo di spiegare, ha ormai ampiamente ridimensionato il suo onere sul bilancio pubblico e, quindi, non sarebbe in grado di garantire un ulteriore apprezzabile contributo al risanamento finanziario. Per questo ribadisco qui l’impegno del Governo a garantire un livello adeguato delle risorse per la contribuzione diretta, quantomeno stabilizzando l’attuale livello finanziario già dalla prossima Legge di Stabilità e ciò anche in ossequio all’impegno assunto con l’ordine del giorno approvato alla Camera dei Deputati  il 14 maggio scorso. Dobbiamo uscire, come ho già detto, dalla logica della mera difesa dagli interventi di “potatura” delle risorse disponibili per il settore, per avviarci  verso una nuova stagione volta ad incentivare l’innovazione di prodotto e di processo, e questo non soltanto nelle aziende editoriali, ma coinvolgendo tutti gli operatori della filiera. Ad esempio, osservo che è veramente singolare che gli editori non possano disporre, oggi, di uno strumento essenziale di gestione e di programmazione che dia loro informazioni affidabili, in tempo reale, sulla vendita dei giornali sul territorio, e tutto questo a causa dell’assenza di una rete informatica che colleghi editori, distributori ed edicolanti. Ritengo allora indispensabile costruire, con l’aiuto di tutti, un progetto nuovo, incentrato sulle seguenti linee direttrici:

  1. Sostegno alle ristrutturazioni aziendali conseguenti alle numerose crisi dichiarate con misure che contemplino l’accompagnamento in uscita delle professionalità in esubero e contestualmente incentivi all’ingresso di giovani professionisti in modo da favorire un adeguato ricambio generazionale in funzione dei processi di innovazione in atto;
  2. altre forme di sostegno ai processi di innovazione del comparto anche a mezzo di incentivazioni fiscali alla diffusione dei contenuti digitali ed al rilancio della domanda di lettura di prodotti editoriali;
  3. misure finalizzate a favorire la modernizzazione della filiera della distribuzione e vendita dei giornali;
  4. avvio di un processo di riforma del diritto d’autore con il coinvolgimento di tutti i dicasteri competenti, dell’AGCOM e delle molteplici esperienze e professionalità che hanno esaminato approfonditamente le problematiche attuali del diritto d’autore e dei diritti connessi;
  5. iniziative volte a favorire un’intesa tra editori e motori di ricerca, ovvero in mancanza un intervento normativo che preveda la costituzione di un fondo per finanziare i progetti di innovazione dell’editoria italiana, alimentato principalmente dalla contribuzione dei motori di ricerca;
  6. ridefinizione del quadro finanziario del settore che preveda il recupero di risorse destinate all’estinzione di passività pregresse, la stabilizzazione del livello di risorse destinate alla contribuzione diretta in attesa di un eventuale ridisegno del quadro di sostegno all’editoria, la ridefinizione del quadro di incentivi fiscali vigenti anche a seguito del recente intervento limitativo delle agevolazioni IVA sui gadget.

Per conseguire tali obiettivi, per approfondirne i contenuti e per individuare gli opportuni strumenti normativi e finanziari, ho ritenuto di promuovere un confronto tra tutti i soggetti di rappresentanza collettiva del settore. A tal fine ho già convocato, nei giorni scorsi, un tavolo che ha condiviso metodo e finalità dell’iniziativa. Il tavolo si riunirà nuovamente all’esito del confronto nei due rami del Parlamento sulle linee programmatiche sopradescritte. Confido nel dibattito parlamentare, nei Vostri suggerimenti e proposte sulle problematiche e sugli obiettivi sopraenunciati e su ogni altro tema che riterrete rilevante per affrontare e superare la crisi di un settore cruciale per il corretto funzionamento del nostro sistema democratico. (Foto di Luca Moglia)