22 Giugno 2018


Intervento in occasione del convegno “Verso il Codice dell’Organizzazione degli uffici giudiziari” organizzato dal CSM

22 Giugno 2018, Hotel Sheraton Parco de Medici Roma

On. le Ministro, Le rivolgo un caloroso benvenuto, ringraziandoLa a nome mio e dell'intero Consiglio, per aver accettato di essere presente qui oggi. Un segnale prezioso, la scelta di prendere parte ad un dibattito, quello sull’organizzazione degli uffici giudiziari, che si sofferma in profondità su una salda ed innovativa opzione culturale che ha segnato questa consiliatura. Un ringraziamento intendo rivolgere anche a gli altri ospiti e relatori, al Presidente dell'ANM Minisci, al Presidente del CNF Mascherin e agli altri partecipanti alla tavola rotonda che si svolgerà dopo l'intervento del Ministro Bonafede. Ella, Signor Ministro, si è espresso sin dai primi giorni del suo mandato, con un richiamo al principio di continuità dell'amministrazione che, cito testualmente le sue parole, è un valore. Naturalmente con riferimento a ciò che merita di essere salvaguardato e sviluppato e facendo salve le opzioni e gli indirizzi di politica giudiziaria corrispondenti al mandato politico ricevuto. Ho particolarmente apprezzato questo Suo proposito perché, penso da anni - e ho avuto modo di dirlo anche in occasione del mio ultimo intervento all'inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Suprema Corte di Cassazione – che il rilancio del sistema giudiziario italiano ha necessità, ferme le diverse legittime opzioni delle maggioranze politiche che si alternano alla guida del Paese, di coltivare nel tempo obiettivi condivisi e costanti. Ieri e oggi, Signor Ministro, il Consiglio Superiore della Magistratura, grazie allo straordinario lavoro di questi quattro anni svolto, in particolare, dai Presidenti e da tutti i componenti alternatisi nella settima commissione consiliare, ha promosso un confronto senza precedenti, per ampiezza e profondità, sulle numerose e qualificanti iniziative in materia di efficiente ed avanzata organizzazione degli Uffici Giudiziari italiani. All'esito di questo lavoro sarà licenziato il primo Testo Unico sull'Organizzazione mai redatto dal CSM, dopo che l'organo di governo autonomo della magistratura ha deciso di Imboccare la via di un'interpretazione avanzata del dettato degli artt. 105 e 110 della Costituzione. Un contributo di sistematicità e semplificazione che costituirà un riferimento utile per i dirigenti degli uffici giudiziari e per ciascuno dei magistrati italiani. Non entrerò nel merito, se non per cenni, di tale straordinario lavoro. Esso ha riguardato tutti i principali aspetti degli indirizzi e delle prassi organizzative degli Uffici Giudiziari, sia requirenti che giudicanti, di ogni grado. Avverto la necessità di dirLe, però, in questa prima occasione di incontro pubblico ciò che mi sono sentito ripetere mille volte dai magistrati che ho incontrato in questi anni. E cioè che ogni sforzo finalizzato a migliorare ed innovare l'organizzazione degli uffici giudiziari italiani non può prescindere dall'adeguatezza delle risorse, da dotazioni tecnologiche adeguate, dall'assunzione di personale tecnico, amministrativo e magistratuale in modo da registrare finalmente il pieno organico. Se c'è un punto sul quale certamente andrà coltivato quel principio di continuità al quale Lei ha voluto riferirsi è proprio questo: il Ministro Orlando ha finalmente ripreso ad assumere giovane personale di cancellerie ed ha bandito i concorsi per un numero rilevante di uditori giudiziari. A Lei rivolgo l'esortazione a proseguire e sviluppare la via intrapresa. Prosegua nell'indirizzo di rinforzare gli organici dei magistrati, provveda ad assumere gli idonei al recente concorso per cancellieri ed incontrerà il sicuro apprezzamento e sostegno dell’ordine giudiziario e del Consiglio Superiore; su questo obiettivo, il Consiglio ebbe a produrre, nel 2016, una proposta legislativa ai sensi dell'art. 10 della legge istitutiva del CSM. Se ciò non dovesse accadere, anche le scelte di cui in questi giorni registriamo il valore, rischiano di rivelarsi asfittiche e di non produrre gli effetti benefici sull'amministrazione della Giustizia che sono invece in grado di determinare. L'altro elemento di continuità che mi auguro si possa confermare concerne l’ampiezza e alla qualità dei rapporti tra il Ministro della Giustizia e il CSM, che non soltanto devono essere improntati alla leale collaborazione necessaria per declinare al meglio il riparto delle competenze in materia di giustizia scolpito nella carta costituzionale, ma, se possibile, devono alimentarsi del massimo grado di condivisone possibile su molteplici versanti. Alcuni di questi fronti, erano rimasti inesplorati e, in questi anni, si sono compiuti passi straordinari al fine di non smarrire la finalità ultima del lavoro di ciascuno: quello di amministrare giustizia in nome del popolo e nell'interesse dei cittadini. Si potrà tornare su questo tema con tutta l’attenzione che merita, durante la seduta dell’Assemblea plenaria del CSM, presieduta dal Capo dello Stato e convocata per il prossimo 27 giugno. Essa avrà, quale cifra determinante l'esame dello stato dei rapporti tra il Ministero e il Consiglio, oltre al dibattito sul tema del buon andamento degli Uffici giudiziari, della valorizzazione delle pratiche virtuose e delle positive scelte di efficienza nell’offerta di giustizia. Ciò che mi preme sin d'ora affermare è che la collaborazione leale e costante tra Ministero e Consiglio costituisce la chiave di volta per migliorare il sistema giudiziario e il modo proficuo per declinare i principi costituzionali, che molti Paesi ci invidiano, in materia di organizzazione del servizio giustizia. Vi sono state stagioni nelle quali tale collaborazione è mancata, addirittura Ministro della Giustizia e Vice Presidente del CSM facevano fatica a parlarsi; oppure si viveva una vera e propria conflittualità. Si tratta di stagioni nelle quali non si produsse molto di buono e che, per fortuna, sono alle nostre spalle. Sia certo che da parte nostra, nei mesi di lavoro consiliare che rimangono la collaborazione vi sarà e ciò in virtù di un convincimento profondo che riguarda le dinamiche di fondo del nostro assetto costituzionale oltre che per la cura dei rapporti personali. Cito due esempi di stringente attualità: l'individuazione delle procedure nazionali relative all'istituzione della Procura europea e il ruolo che il nostro Paese dovrà giocare nei consessi europei; (e saluto qui l'elezione del procuratore Mura da parte del Parlamento Europeo). Un tema delicato perché viene in gioco una questione di principio che caratterizza il nostro sistema: quello dell'indipendenza del Pubblico Ministero. In secondo luogo, l'emergenza degli uffici giudiziari di Bari. Abbiamo assunto un'iniziativa ai sensi dell'art. 10 formulando una proposta di intervento legislativo urgente sui termini processuali e di prescrizione nonché sulle procedure e le attività necessarie per reperire ed adattare nuovi locali. Lei si è immediatamente attivato, e ieri è stato varato il primo decreto – legge. Di questo Le siamo grati. Il testo accoglie la prima delle due proposte avanzate dal CSM. Rimaniamo convinti che la soluzione al problema non possa essere affidata alle sole procedure ordinarie e mi auguro che, in sede di conversione del decreto legge, il Parlamento possa discutere ed esaminare la necessità di fornire risposte rapide e definitive ad uno dei più importanti distretti italiani che versa in condizioni di assoluta emergenza La coniugazione della domanda di efficienza con il principio di indipendenza. Gli standard di efficienza non devono scadere nell'efficientismo quale misura di valutazione del singolo magistrato, ma deve assurgere ad obiettivo del sistema. Tra i più rilevanti legati che la presente consiliatura lascerà al nuovo governo autonomo che si insidierà in autunno, vi è certamente la scommessa sui modelli organizzativi degli uffici giudiziari. E’ questa l’occasione per cogliere le ragioni profonde, insite nello spirito del tempo, per cui la scelta di ricorrere, con tanta accuratezza e con altrettanta ostinazione, alla valorizzazione dei modelli organizzativi ha marcato in modo deciso l’ultimo quadriennio. Si tratta di una vera e propria svolta culturale che non tarderà a dare i suoi frutti, per alcuni ambiti già evidenti, soprattutto se le politiche giudiziarie si porranno in sintonia con le esigenze che sono sottese alle ragioni che hanno ispirato ciascuna delle iniziative consiliari. Dal punto di vista culturale, si coglie, sin dall’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario del triennio 2005- 2007, un chiaro incremento di attenzione per l’efficienza della giurisdizione. Si tratta di un valore che va integrando i tradizionali predicati che la Costituzione associa alla figura del magistrato, a quella del giudice, all’intero ordine giudiziario. Dunque, al fianco della terzietà, dell’indipendenza e dell’autonomia, della imparzialità e – se si vuole – del concetto di equidistanza dalle parti del processo, i quali tutti affiorano dall’art. 111 Cost., si fa strada il paradigma dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità nell’offerta di giustizia. Certo, si tratta di predicati da maneggiare con cura. L’enfasi su questi temi – insisto su questo - non deve mai scadere nell'efficientismo fine a se stesso e non può scalfire la posizione del giudice nell’ordinamento, (egli “è soggetto soltanto alla legge” secondo l’art. 101 Cost.), Né autorizza a sviluppare improprie ed inaccettabili richieste prestazionali o torsioni para-manageriali. In realtà, lo studio e l’incremento dell’efficienza degli Uffici di giustizia che riguarda gli uffici giudiziari, non è metro di valutazione del singolo magistrato, né tantomeno può ergersi grossolanamente a parametro per la valutazione di professionalità o, peggio, per il giudizio disciplinare. Resta vero, tuttavia, che quando il citato art. 111 Cost. introduce il principio della ragionevole durata e del giusto processo apre uno scenario dal valore irrinunciabile, poiché fa accedere in Costituzione un valore cruciale per le democrazie pluraliste avanzate: il rito - in realtà qualsiasi rito e non solo quello penale - deve svolgersi secondo crismi di parità nella dialettica processuale tra le parti e in un arco temporale sostenibile. Questo è l’obiettivo minimo, dunque, cui indirizza la stessa Carta fondamentale. I mezzi per garantire questo risultato, profondamente irrelato con l’effettività dei diritti delle persone, risiedono nella capacità organizzativa degli Uffici, nei modelli per affrontare specializzazione, per affrontare i temi posti dal coordinamento tra pari, il rapporto tra responsabile dell’Ufficio e gli altri magistrati. La cultura dell’organizzazione sorge e si diffonde proprio per declinare i principi del giusto processo e della sua ragionevole durata e anche perché emerge con sempre maggiore nettezza l’esigenza di garantire un servizio di giustizia adeguato ed efficace alle esigenze di un tessuto sociale e di un mondo economico in costante trasformazione. L'effettiva tutela dei diritti, infatti, non può prescindere dalla tempestività e la ragionevole durata del processo. Ma allargando lo sguardo, si coglie come l’efficienza della giurisdizione venga percepita come un indice determinante per la credibilità dell’intero sistema nazionale, inteso come intersezione complessa tra fattori di regolazione, di legislazione e, appunto, di giurisdizione. Le riposte del codice dell’organizzazione. I principali osservatori economici sovranazionali mostrano di tenere in determinante considerazione l’offerta di giustizia: i suoi tempi, la sua certezza e prevedibilità come elementi caratterizzanti la generale calcolabilità della dimensione giuridica nazionale. E’ una constatazione, questa, che muove dal rapporto Doing Business della Banca Mondiale, ma anche dai rilievi acutamente svolti dal Governatore della Banca d’Italia, dall’osservazione dei contenuti e degli allegati degli ultimi documenti di Economia e Finanza, predisposti dai Ministri dell’Economia dell’ultimo decennio e sottoposti all’esame della Camere. Il Codice dell’organizzazione, dunque, risponde ad alcune esigenze culturali, operative e finanche metodologiche. Vi è ben altro, dunque, del solo intervento tecnico; si persegue un obiettivo di predisporre uno strumento esaustivo, flessibile, duttile e d’immediata applicabilità. Ciò consentirà di porre rimedio alla pluralità e difformità delle soluzioni applicative e dei numerosi istituti che hanno avuto vita assai diversificata, anche per la stratificazione nel tempo della disciplina di rango secondario. Si scorge, nel testo unico predisposto, una riflessione sistematica ed un’elaborazione nitida degli istituti più rilevanti. Si è trattato di un autentico mosaico, a formazione progressiva e partecipata che spazia dalla nuova cultura tabellare alla coraggiosa e sofferta circolare sull'organizzazione delle procure, dalle linee guida per contrastare la violenza di genere a quelle per rendere finalmente efficiente il processo di esecuzione, dalle risoluzioni sulla protezione internazionale a quella sulla responsabilità medica, dalla valorizzazione dello spoglio e della motivazione semplificata alla linee guida sulla comunicazione istituzionale delle decisioni giudiziarie. Voglio a tale ultimo riguardo rassicurare tutti e la stampa in particolare: il nostro intento è esclusivamente quello di rendere leggibile e conoscibile in modo chiaro e tempestivo il contenuto delle decisioni giudiziarie, allargando e non stringendo le fonti e le tecniche di conoscenza delle attività giurisdizionali. E' lontanissima dai nostri convincimenti ed estranea alle nostre competenze l'idea di intervenire sull'attività di ricerca delle fonti riservate ai giornalisti. La declinazione del diritto - dovere di informare ai sensi dell'art. 21 della Costituzione deve rimanere salda ed è la stella polare del nostro operato. Si tratta di un principio per noi pacifico e se qualcuno ritiene necessario precisarlo nelle linee guida, avente contenuto esclusivamente organizzativo, non avremo nessuna difficoltà a farlo. Tale produzione di linee guida e di modelli organizzativi avanzati è tanto più preziosa se si considera un'importante scelta di metodo che abbiamo compiuto: prima la raccolta, la selezione, la valorizzazione delle buone prassi diffuse in gran numero in questi anni negli uffici giudiziari, che abbiamo raccolto nel manuale delle buone pratiche, e poi gli indirizzi di valorizzazione ed implementazione di ulteriori modelli organizzativi. Dunque, prima dal basso verso l'alto e poi il percorso inverso, quale metodo per garantire efficacia alle scelte organizzative compiute. Si tratta di scelte il cui grado di effettività si presenta elevato anche perché esse sono state attinte dall'opera dei migliori magistrati italiani ai quali abbiamo chiesto sostegno. Tutte queste pagine di codificazione delle buone pratiche sono state condivise con l'avvocatura, destinata ad un progressivo e penetrante coinvolgimento nelle scelte organizzative. Nessuna interferenza ma integrazione con le funzioni del Ministero della Giustizia. Ma vi è di più. Puntare sull’organizzazione ridispone il ruolo del Consiglio Superiore nell’ordinamento. Consente di evitare una lettura rigida del riparto di competenze previsto dagli artt. 105 e 110 della Costituzione. Il governo autonomo, infatti, ricorre a forme di “soft law” - o di spinta gentile, come si usa dire ora – per dettare indirizzi non vincolanti e proporre modelli organizzativi. Al contempo, si mettono a sistema le funzioni del Consiglio Superiore e si produce un elevato grado di coinvolgimento e partecipazione degli uffici giudiziari. Dunque, il Consiglio occupa una zona dell’ordinamento che per lunghi decenni è rimasta in ombra. E’ quella delle tecniche di gestione dei flussi di contenzioso attraverso soluzioni organizzative negli uffici. E’ evidente che si tratta di qualcosa di diverso dal ricorso alle funzioni tipiche del Consiglio scolpite nell’art. 105 Cost.; tuttavia, sono soluzioni che non coincidono né interferiscono con il compito ministeriale di gestione diretta delle risorse per l’amministrazione della giustizia ma che si pongono in rapporto di integrazione con le funzioni medesime. Quest’opera evidenzia l’esaustività di un lavoro indefesso che ha toccato anche le nicchie della giurisdizione e che, da ultimo, ha consentito la ridefinizione di alcuni istituti dell’ordinamento giudiziario, la cui vita è stata insidiata da interpretazioni difformi o autentiche anarchie applicative. Mi riferisco a procedimenti ed atti come l’applicazione, le vicarie, la supplenza, l’assegnazione temporanea, le deleghe di competenza, la ripartizione delle regiudicande e la gestione dei ruoli generali dell’Ufficio. Il riposizionamento del Consiglio Superiore della Magistratura, dunque, trova, nella cultura dell’organizzazione, uno dei principali snodi teorici e pratici. E’ fulcro determinante perché immerge l’autogoverno nel contatto costante e partecipato con il pluralismo organizzativo e con le variegate esigenze del nostro mondo giudiziario. Ma si rivela fondamentale anche perché restituisce un elemento di apertura e di sensibilità con l’intero ordine giudiziario. Si tratta, a bene vedere, di un formidabile strumento di comunicazione e di simbiosi che allontana dal CSM i rischi di autoreferenzialità, di chiusura, di impenetrabilità delle proprie scelte. E’ decisivo sottolinearlo in una temperie complessa che vede persino riproporsi, verso il Consiglio, di vecchie critiche di separatezza, di non trasparenza, persino di opacità; rilievi critici certamente non meritati cui quindi ho sentito il bisogno di replicare, ribadendo come il governo autonomo abbia invece fatto il massimo per sviluppare capacità di integrazione, di coordinamento forte, di leale collaborazione. E non solo con il Ministero della Giustizia, ma anche con le autorità indipendenti e con le magistrature speciali. La grande produzione consiliare che confluisce nel testo unico, insieme all'individuazione di nuovi criteri selettivi della dirigenza, intendono contribuire a rafforzare la legittimazione della funzione giudiziaria agli occhi dei cittadini italiani. Per via della crescente e diversificata domanda di giustizia, deve essere messo in campo uno sforzo per recuperare un accettabile grado di certezza e tempestività della risposta giudiziaria di fronte alla complessità del tempo che viviamo, alla flessione della forza della legge e alla corrispondente crescita del peso della scienza, della tecnica, delle ragioni dell'economia, si è posto in questi anni un problema di legittimazione dell'ordine giudiziario. Esso è all'origine anche di una riduzione della fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario. Il nostro obiettivo di fondo è quello di tornare a far crescere il consenso e la legittimazione verso il duro ed insostituibile lavoro dei magistrati italiani perché, ne siamo convinti, solo così sarà possibile tutelare l'effettività dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, il bene più prezioso la cui tutela è affidata dalla Costituzione proprio al Consiglio Superiore.