26 Settembre 2016


Discorso del Vice Presidente Giovanni Legnini al seminario “Giurisdizione e protezione internazionale”

Onorevole Presidente della Camera dei deputati,
Onorevole Ministro della Giustizia,
Onorevole Ministro dell’Interno,
Illustri Relatori e Interventori,
Colleghi Consiglieri,
Autorità,
Signore e Signori,

    “I grandi movimenti di rifugiati e migranti hanno ramificazioni politiche, economiche, sociali, di sviluppo, umanitarie e dei diritti umani che attraversano tutti i confini. Si tratta di fenomeni globali che richiedono un approccio mondiale e soluzioni globali. […] I migranti possono dare un contributo positivo e profondo allo sviluppo economico e sociale delle società di accoglienza e alla creazione di ricchezza globale. Possono aiutare a rispondere alle tendenze demografiche, alle carenze di manodopera e ad altre sfide nelle società di accoglienza, e aggiungere competenze fresche e dinamismo alle economie”
    Sono parole tratte dalla Dichiarazione ONU di New York in materia di migranti e rifugiati, approvata pochi giorni fa, lo scorso 20 settembre, che coronano un lungo processo di confronto internazionale nel corso del quale, lo scorso anno, furono assunti gli impegni contenuti nell'agenda Agenda 2030.
    Non vi sono parole migliori di queste per tratteggiare la profondità e l'ampiezza dell'impegno di ciascuno degli Stati e delle Istituzioni, di ciascuno di noi nell'affrontare il fenomeno di gran lunga più incidente sul futuro del pianeta, insieme a quello dei cambiamenti climatici e della tutela dell'ambiente naturale.
    Con l'ambizioso intento per cui “nessuno deve essere lasciato indietro”, i Paesi sottoscrittori di Agenda 2030 si sono assegnati fondamentali obiettivi da raggiungere nei prossimi 15 anni; tra questi, l'obiettivo numero 16 impegna gli Stati a garantire accesso alla giustizia per tutti e a costruire istituzioni efficaci, trasparenti e inclusive a tutti i livelli.
    Ed è con questa consapevolezza dell'altezza delle sfide che abbiamo di fronte, che il CSM ha inteso promuovere questo confronto sui grandi temi del rapporto tra il governo delle migrazioni e la giurisdizione.
    Particolarmente importante è avere con noi oggi, insieme alle massime espressioni del Parlamento e del Governo, il rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati il sig. Stephane Jaquemet. Ringrazio lui e tutti i relatori per il contributo che sapranno offrire alla riuscita del Seminario odierno.
    La condizione dei migranti, e tra essi quella più difficile dei richiedenti rifugio e asilo, mettono in gioco il ruolo di tutte le istituzioni, e interrogano ovviamente la giurisdizione sulle modalità concrete di garanzia dell'assistenza, dell’accessibilità e della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
    Si tratta di un tema di portata globale che chiama in causa la capacità degli Stati nazione, dei fori internazionali multilaterali, delle Agenzie delle Nazioni unite di affrontare i grandi movimenti di rifugiati e migranti che solcano terre e mari. Temi che il CSM sta sviluppando anche nel quadro dei rapporti con altre Magistrature e con i Consigli di Giustizia di diversi Paesi, così come nelle reti di cooperazione giudiziaria internazionale, in primo luogo quella Europea ENCJ. Proprio in questi due giorni la rete ENCJ è ospite qui a Roma. La Rete dei Balcani e dell'Euro-Mediterraneo va ormai strutturandosi e l’assemblea plenaria di quest’ultima si è tenuta proprio in questa sala, lo scorso mese di giugno.
     Il Consiglio Superiore della Magistratura considera di preminente interesse interrogarsi sul ruolo della giurisdizione di fronte al tema dei flussi migratori; un fenomeno di sconvolgente portata per l’area mediterranea che, oltre a generare emergenze umanitarie e forti tensioni sociali, ci assegna la responsabilità di tentare di fornire, nel miglior modo possibile, una risposta organizzata sul piano delle competenze giurisdizionali anche formulando proposte e suggerimenti in vista di possibili interventi di riforma.
     Un profilo, questo, sul quale si sono soffermati con i loro interventi nella mattinata odierna i relatori; altri vi faranno riferimento nel prosieguo dei nostri lavori.
     Gli istituti di protezione umanitaria possono assolvere alla propria preziosa funzione solo quando vi è un livello di integrazione, continuità e coerenza tra gli indirizzi di azione nella gestione dei flussi migratori, l’attività legislativa in materia e, da ultimo, l’esercizio della giurisdizione.
     Ed è sempre utile rammentare che vi è un livello costituzionale della protezione umanitaria che, non per caso, la nostra carta fondamentale disciplina all’articolo 10, cioè tra i principi fondamentali; tale disposizione stabilisce che lo straniero cui sia “impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
     Per molti anni la dottrina costituzionalistica ha richiamato l’attenzione sull’assenza di una legge sul diritto di asilo e ciò ha innescato un ricco e complesso dibattito circa la natura direttamente precettiva o soltanto programmatica dell’articolo 10 della Costituzione appena richiamato. Eppure, vale ricordare quanto affermò uno dei più illustri costituzionalisti italiani, Carlo Esposito, secondo il quale: “Anche altre Costituzioni manifestano attaccamento a determinate concezioni politiche nella concessione dell’asilo. Ma il nostro testo costituzionale sopravanza, nella linea prescelta, le legislazioni straniere, poiché non si limita ad offrire asilo a chi sia colpito o perseguitato perché sostenitore di idee e tendenze politiche ritenute degne di approvazione, ma considera perseguitato, colpito e meritevole di asilo chiunque sia cittadino di un paese nel quale non siano effettivamente riconosciute le fondamentali libertà democratiche dell’uomo”.
     Mi richiamo a questo tema, troppo spesso ignorato da chi si colloca in una posizione di contrasto della necessità per il nostro Paese di garantire un'efficace politica delle migrazioni, perché esso evidenzia da subito una delle caratteristiche principali dell’operato del giudice in tale complessa materia.
     Si tratta della diretta incidenza sui diritti fondamentali che, mai come nell’ambito della protezione umanitaria, pone il magistrato di fronte ad opzioni interpretative difficili e complesse, anche per via delle conseguenze delle singole decisioni in materia di rifugio e di asilo.
     Basta osservare come il giudice si trovi ad incidere direttamente su tutti i profili sensibili e decisivi che costituiscono gli obiettivi della Dichiarazione dell’Agenda 2030:
     il rispetto dei diritti umani dei migranti, a prescindere dal loro status giuridico;
     la presa in carico delle vulnerabilità di rifugiati, migranti e persone in movimento;
     gli effetti sui singoli della gestione delle migrazioni per uno sviluppo sostenibile;
     la risposta alla condizione di chi vive l’esperienza delle crisi umanitarie e della migrazione forzata;
     il sostegno al pieno diritto dei cittadini di tornare al loro paese d’origine.

     Ma la complessità nel compito di conferire effettività a tali diritti fondamentali, a queste aspettative meritevoli di tutela, diviene ancora più forte per due ulteriori ragioni: in primo luogo, perché la questione dei numeri soverchianti rischia di confinare sullo sfondo la peculiarità della singola vicenda umana del migrante; in secondo luogo, appare sempre più avvertita, anche nella percezione collettiva, l’intersezione profonda tra i diritti dei migranti in cerca di protezione umanitaria e la sicurezza nazionale, la tenuta dei confini, il peso dell’instabilità economica che potenzialmente proviene dalle migrazioni di massa.
     Di fronte a tali dirompenti questioni, posto di fronte alla richiesta di protezione, spesso sotto la forma del ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale, il giudice italiano si trova a poter contare su strumenti ancora incompleti e imperfetti; comunque, su elementi e conoscenze che lo pongono di fronte al multiculturalismo, alla esigenza di conoscere contesti, culture e società con le quali il contatto non è abituale. E ciò accade, spesso in un rapporto difficile e distante con il singolo migrante che risulta dunque non come un soggetto debole portatore di un diritto fondamentale, ma come un individuo sommerso e inconoscibile nel mare indeterminato degli altri richiedenti asilo o rifugio. Intendiamo fornire un impegno costante in quest’ambito perche esso costituisce il segno di una forte sensibilità rivolta verso i soggetti più fragili come testimonia, del resto, la collaborazione che si intende avviare con l’OCSE per un’analisi dell’attività giudiziaria connessa agli hate crimes in Italia e ai flussi di procedimenti giurisdizionali connessi con manifestazioni di xenofobia, discriminazione, razzismo.
     Proprio dalle crescenti difficoltà vissute dalle giurisdizioni al cospetto dei fenomeni migratori, scaturiscono le esigenze alla base della delibera del CSM del 14 luglio 2016 con la quale si è giustamente dato vita “all’area tematica in materia di giustizia e protezione internazionale”.
     In questo ambito intendiamo rafforzare la collaborazione con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, cui il Consiglio cercherà, nell’immediato futuro, di fornire i dati integrati e analitici dei procedimenti giudiziari connessi con gli istituti di protezione umanitaria nell’ordinamento italiano.
     L’intento è duplice: fronteggiare l’emergenza quantitativa, la crescita esponenziale del numero dei ricorsi; affrontare la dimensione qualitativa ed individuale del problema della protezione umanitaria, offrendo risposte all’intero ordine giudiziario chiamato a fronteggiare la sfida globale.
     E si tratta di questioni che coinvolgono direttamente la formazione dei magistrati italiani.
     Al riguardo, rivolgo un sentito ringraziamento al presidente della Scuola Superiore della Magistratura, Professor Gaetano Silvestri, che ha ritenuto di condividere e sostenere l’iniziativa del Consiglio Superiore della Magistratura in materia di giurisdizione e protezione internazionale, nella consapevolezza che il profilo della formazione e dell’apertura a saperi diversi da quelli di cui è tradizionalmente depositario il magistrato in Italia, costituisca il pilastro primigenio da porre e, al contempo, il cuore della sfida da raccogliere.
     Tuttavia, la giurisdizione è anche investita dalla necessità di coniare buone prassi operative per gli uffici giudiziari, assicurare garanzia sui tempi di definizione dei procedimenti giurisdizionali, individuare le priorità e gestire l’intensità dei flussi di ricorsi, peraltro concentrati sulla competenza territoriale di un numero ristretto di uffici.
     Sostenere le scelte organizzative dei capi di questi uffici costituisce dunque un elemento di vitale importanza e riconduce direttamente ad un elemento di specializzazione e competenza mirata di cui si deve disporre per fare fronte a quella che, non di rado, assume i contorni di un’emergenza umanitaria.
     La dimensione epocale di un fenomeno che il Presidente Mattarella ha di recente invitato a fronteggiare “con senso di realtà e di responsabilità, governandolo in maniera solidale, intelligente e consentendo di regolarlo con ordine e sicurezza”, impone all’ordine giudiziario inedite e innovative forme di integrazione con le conoscenze e l’azione degli altri poteri dello Stato, nonchè con i vari livelli di gestione e governo del tema delle migrazioni.
     Al riguardo, è allo studio un procedimento di collaborazione con la Guardia Costiera - Capitaneria di Porto. Rivolgo il mio saluto al Comandante Generale Vincenzo Melone, auspicando che il celere sviluppo di questa iniziativa consenta alla Settima Commissione del Consiglio Superiore di proporre alle Procure e agli Uffici giudiziari, la cui competenza insiste sui circondari marittimi, di avvalersi con continuità e secondo logiche di efficienza ed operatività immediata, di squadre specializzate della Capitaneria di Porto. L’intento è di affidare loro competenze specifiche e puntuali funzioni di polizia giudiziaria. L'impegno in mare del personale della Guardia Costiera costituisce un presidio fondamentale per la tutela del diritto alla vita dei migranti nel Mar Mediterraneo; tale collaborazione potrà essere sviluppata anche su altri fronti sia ai fini della lotta alla tratta degli esseri umani e ai reati di sfruttamento dell’immigrazione, sia per favorire una piena comprensione, da parte della magistratura requirente e giudicante, dello sfondo su cui si colloca l’esigenza di tutela dei soggetti più fragili: donne, minori non accompagnati, anziani che aspirano al ricongiungimento familiare, rapporto tra il controllo delle migrazioni via mare e la tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, anche con riguardo ai rischi di potenziale infiltrazione della minaccia terroristica.
     Il legislatore ha affidato, già nel 2015, al CSM la competenza a delineare un piano straordinario di applicazioni extradistrettuali di magistrati, volto a fronteggiare l’incremento del numero di procedimenti giurisdizionali connessi con le richieste di accesso al regime di protezione umanitaria dei migranti.
     Si è trattato di un’iniziativa quanto mai opportuna che deve, tuttavia, spronare ciascuno degli attori coinvolti nel processo di governance dei flussi migratori a farsi carico di elaborare soluzioni ancora più efficaci che sfuggano alla logica dell’emergenza e, al contrario, possano contare su un respiro ampio e multilivello, nonché su una portata di sistema, anche al fine di garantire il rispetto delle convenzioni internazionali e degli accordi in materia, sul puntuale rispetto dei quali nei giorni scorsi il Consiglio d'Europa ha richiamato il nostro paese.
     In definitiva, è questo lo spirito del seminario odierno che appare peraltro coerente con una delle conclusioni più rilevanti che emergono dalla citata Dichiarazione ONU di New York: la prospettiva di predisporre, in sede multilaterale e su scala mondiale, un Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
     L'intento è, inoltre, quello di favorire un approccio integrato ai problemi posti dai flussi migratori, il che implica, già a livello dei singoli ordinamenti - e a maggior ragione, nella dimensione continentale europea - l’opportunità che ciascuno dei poteri dello Stato, ed ognuna delle agenzie responsabili sul territorio, sia capace di contribuire all’ideazione di pratiche virtuose, alla diffusione più ampia possibile di informazioni e rilievi statistici, all’individuazione dei punti critici che concernono la protezione umanitaria intesa come valore costituzionale da garantire lungo tutta la traiettoria dei flussi migratori.
     Dalla capacità di offrire queste risposte ad una crescente ed inderogabile domanda di giustizia e dalla necessità di favorire l'approfondimento dell’analisi sui delicati intrecci criminali e finanziari che circondano i fenomeni migratori del Mediterraneo, discende la possibilità di rifuggire dalle soluzioni semplicistiche, dalle sirene taumaturgiche che vedono nella risposta simbolica dei muri e delle barriere la soluzione a tendenze planetarie che, invece, segnano un’epoca in tutta la loro drammatica e articolata complessità.
     Certo, non ci sfugge che la predisposizione dei pur necessari strumenti giuridici e processuali costituisce una parte soltanto di impegni ben più complessi e gravosi. Ma a noi spetta di contribuire a rafforzare una parte delle numerose risposte che impegnano il nostro Paese e la Comunità Internazionale. E’ in questa prospettiva costruttiva che si accompagna al senso di una responsabilità consapevole e gravosa, che ancora una volta, Vi ringrazio tutti per aver voluto prendere parte a questo momento di confronto che per noi costituisce l'avvio di un lungo e intenso cammino.
Grazie a tutti e buon lavoro