15 Gennaio 2017


Trasparenza e merito per cambiare la giustizia

Intervista al vice presidente del Csm. Con il bilancio di due anni di lavoro «È in corso un eccezionale ricambio. Che ridisegnerà il sistema giudiziario»

È in corso un eccezionale ricambio alla guida degli uffici, che ridisegnerà il volto del sistema giudiziario italiano. Con magistrati scelti per incarichi di vertice in base al merito. Proprio com’è accaduto con le recenti nomine che riguardano l’Abruzzo. Abbiamo potuto scegliere con criteri trasparenti in virtù del nuovo Testo unico sulla dirigenza». Parola di Giovanni Legnini vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Che in questa intervista al Centro traccia un bilancio sul primo biennio passato a Palazzo dei Marescialli. Due anni decisamente impegnativi in cui non sono mancate polemiche e scontri, anche di una certa durezza. «Ma anche grandi cambiamenti positivi e incisive riforme che all’inizio non erano scontate.

Sono riaffiorate spesso polemiche anche sul tormentato rapporto tra magistratura e politica. Come giudica la situazione?

«Il conflitto tra politica e magistratura ha radici ormai antiche e io penso che si stia producendo un cambiamento lento ma netto e percepibile. Dobbiamo lavorare tutti quotidianamente per ricondurre tale difficile rapporto entro i limiti indicati dalla nostra Costituzione, che impone il reciproco riconoscimento dell'autonomia di ciascuno dei poteri. Chi mette in discussione tale antico ma attualissimo principio, si colloca fuori dallo spirito costituzionale».

Continuano le sortite di vari esponenti politici pure sul fatto che molte inchieste si concludono spesso con il nulla di fatto. Critiche eccessive?

«Le archiviazioni e le assoluzioni, come le sentenze di condanna, costituiscono esiti naturali dei procedimenti. Le polemiche non si concentrano sui provvedimenti conclusivi assunti dal Giudice terzo ma riguardano gli effetti e il clamore mediatico spesso connessi all'esercizio dell'azione penale e all'adozione delle misure cautelari. È questa la fase che spesso ha determinato l'indebolimento della credibilità della magistratura ed è su di essa che responsabilità e riservatezza delle iniziative devono maggiormente dispiegarsi».

Anche sui processi troppo lunghi si è tornati a discutere. Lo stesso ex presidente del Consiglio Renzi ha spesso polemizzato pretendendo sentenze celeri dalla magistratura. Sta cambiando qualcosa su questo fronte?

«Il fattore tempo è sempre più essenziale per connotare l'efficacia della risposta giudiziaria. L'incertezza dei tempi e l'imprevedibilità delle decisioni costituiscono fattori che minano la credibilità del sistema giudiziario. Negli ultimi anni, grazie alle riforme e all'impegno anche organizzativo della magistratura, registriamo un progressivo miglioramento. Ma siamo appena agli inizi. Occorre insistere tenacemente per conseguire l'obiettivo della piena attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, un obiettivo che non può essere assicurato solo dalla magistratura. Ad esempio, non c'è dubbio che occorrano più risorse ed investimenti proseguendo nella positiva azione avviata dal ministro Orlando».

In tanti chiedono un freno agli incarichi esterni conferiti ai magistrati. Che ne pensa?

«Abbiamo adottato misure restrittive efficaci conseguendo i primi risultati. Ma il nostro potere su questa materia è confinato entro limiti ristretti. Se si vuole incidere di più occorre l'intervento del legislatore».

Molte nomine fatte dal Csm hanno prodotto malumori di cui si è fatto interprete il sindacato dei magistrati o almeno parte di esso.

«In poco più di due anni abbiamo fatto 530 nomine per incarichi direttivi e semidirettivi. Rivendico la positività straordinaria di questo lavoro, di cui voglio dare atto all'intero Consiglio superiore della magistratura. Le procedure sono state molto più numerose e nel contempo meno lunghe del passato. Abbiamo fortemente incrementato la componente femminile, che è più che raddoppiata e i nuovi dirigenti, in media, hanno nove anni in meno di quelli uscenti. Riponiamo molta fiducia in questo rinnovamento su cui registro un diffuso consenso negli uffici giudiziari. Tutto ciò è stato possibile grazie alle nuove regole che ci siamo dati con la riforma del Testo Unico, che ha introdotto criteri improntati al merito, alla trasparenza e alla leggibilità delle scelte».

Ma non mancano le polemiche. L’ultima ha riguardato proprio la nomina di un magistrato abruzzese e cioè Francesco Testa scelto come nuovo procuratore di Chieti.

«Le polemiche sono fisiologiche tanto più a fronte di un numero enorme di procedure e di domande rimaste insoddisfatte. Registro che le nomine sono state deliberate dal Plenum, in gran parte all'unanimità o a larghissima maggioranza, come avvenuto per quelle del distretto abruzzese. Ma, il dato più rilevante che voglio sottolineare, è la drastica riduzione del contenzioso e delle decisioni sfavorevoli al Csm».

L’Associazione nazionale magistrati contesta gli effetti del nuovo Testo unico della dirigenza approvato un anno fa. Si dice che siano saltati criteri obiettivi per le nomine e questo spalanca le porte alla discrezionalità.

«La realtà è esattamente contraria a quella che lei mi rappresenta. La circolare ha fissato criteri selettivi ed indicatori più precisi ed obiettivi, il cui rispetto può essere da ciascuno verificato attraverso le motivazioni che sono alla base delle delibere del plenum. Il criterio dell'anzianità è stato da anni abolito dal legislatore. La discrezionalità nelle scelte è insita nei poteri che la Costituzione affida al Csm ed essa si esercita attraverso la difficile coniugazione tra valutazione delle candidature e voto di ciascuno dei componenti del Plenum. Altrimenti invece di affidare le nomine ad un collegio elettivo, quale è il Consiglio, sarebbe bastato individuare un'autorità amministrativa. Naturalmente, la discrezionalità non può e non deve mai sconfinare nell'arbitrio ed è esattamente ciò che abbiamo inteso assicurare con le nuove regole per la selezione dei dirigenti».

Vale a dire che la riforma è riuscita a debellare le correnti della magistratura che ora si fanno sentire con le proteste?

«Non so a quali proteste si riferisca e verso chi si indirizzino, visto che le correnti della magistratura sono rappresentate nel Plenum del Consiglio. Semmai la critica più ricorrente, e non da oggi, è quella opposta, e cioè dell'eccessivo peso delle correnti. Penso che avendo il Consiglio meglio disciplinato ed autovincolato l'esercizio del suo potere discrezionale, questo peso sia stato fortemente arginato».

Ma lei Testa lo ha votato?

«Salvo casi eccezionali non partecipo al voto per garantire l’imparzialità e il corretto svolgimento del processo decisionale. Se invece vuole un giudizio di merito, posso dirle che sono molto soddisfatto di tutte le nomine degli uffici giudiziari abruzzesi. Anzi, posso affermare che per tutte le scelte che abbiamo fatto è prevalso il criterio del merito e non dell'appartenenza. E ciò riguarda anche il procuratore Testa che è un eccellente magistrato».

Che tipo di profili sarebbero adatti per gli uffici che sono ancora vacanti in questa regione?

«Dovranno prevalere quelli che meglio corrispondono ai criteri di cui ho già parlato e cioè le esperienze nella giurisdizione unite alle comprovate capacità organizzative. Per essere nominati dirigenti non basta essere ottimi giudici, e meno male che ce ne sono tantissimi: i magistrati devono avere anche la capacità di garantire un efficiente funzionamento dell’ufficio che si candidano a dirigere. Non è un caso che con il nuovo testo unico abbiamo introdotto l'obbligo per i candidati di presentare un progetto organizzativo per definire gli obiettivi di gestione efficiente dell’Ufficio».

Al di là degli incarichi di vertice, resta il tema delle scoperture di organico. L’Anm ha chiesto di riportare l’età di pensione per tutti i magistrati a 72 anni: per protesta diserterà l’inaugurazione dell’anno giudiziario, ma alla fine non ci sarà lo sciopero come era stato minacciato. Che ne pensa?

«Personalmente ho sempre lavorato, nei limiti consentiti dal mio ruolo, per favorire il dialogo e quindi non posso che esprimere soddisfazione per il fatto che l'Anm non ha proclamato lo sciopero. Mi auguro comunque che il confronto riprenda al più presto cogliendo la disponibilità del ministro. Spero anche che si possa evitare il rischio di delegittimazione della Suprema Corte di Cassazione in un momento solenne quale è l'inaugurazione dell'anno giudiziario, in occasione della quale l'istituzione giudiziaria più importante parla al paese e alle sue istituzioni».

Qual è il dato sulle scoperture degli uffici giudiziari abruzzesi?

«La scopertura attualmente è pari al 10,61 %, al di sotto della media nazionale che si attesta al 12,8. Spero che con i concorsi in via di espletamento e con un reclutamento straordinario si possano colmare al più presto queste scoperture».

Fra due anni verranno soppressi i tribunali di Avezzano e Sulmona, nonché quelli di Lanciano e Vasto così come previsto da una legge del 2011. E’ davvero inevitabile?

«Penso che il contributo alla riduzione delle circoscrizioni richiesto all’Abruzzo sia eccessivo: chiusura del 50% degli Uffici a fronte di una media nazionale che non supera il 30%, con un amplissimo territorio interno e costiero sfornito di qualunque presidio giudiziario. Ci deve essere lo spazio per una rimeditazione in sede legislativa prima con una proroga e poi con un progetto di riordino delle circoscrizioni al quale dovranno dare un contributo innanzitutto i territori interessati. Le istituzioni, la magistratura e l’avvocatura provino a formulare una proposta ragionevole, come si è iniziato a fare, e su questa sarà possibile far valere meglio gli interessi dei cittadini abruzzesi e dei territori coinvolti».

Gli avvocati e non solo in Abruzzo sono scontenti della nuova geografia giudiziaria imposta per ragioni di spending review. Lei da avvocato ritiene legittime queste doglianze?

«Sì. L’obiettivo però deve essere quello di coltivare non i campanili ma gli interessi dei cittadini».