28 Dicembre 2017


Legnini: "Mai più casi Bellomo ora cambiamo le scuole per diventare magistrati"

di Liana Milella

“Non possiamo consentire che i comportamenti illeciti di pochi gettino fango sul prestigio della magistratura. Chi tiene condotte gravemente scorrette va subito giudicato e nei casi previsti dalla legge, se responsabile, va rimosso». Dice così Giovanni Legnini, il vice presidente del Csm che presiede anche la sezione disciplinare.

II 2017 si chiude con un clamoroso caso etico tra le toghe. Bellomo e Nalin, un consigliere di Stato e un pm, protagonisti di una storia tra il boccaccesco e la violazione delle minime regole deontologiche. Che lettura ne dà?

«L'estrema gravità dei fatti è sotto gli occhi di tutti. Prescindo dai profili di responsabilità individuale sui quali dovranno pronunciarsi gli organi competenti della giustizia disciplinare e penale. Ma i fatti sono ancor più sconcertanti trattandosi di una scuola destinata a preparare i giovani per il concorso in magistratura».

Ci sono vari giudici in servizio e funzionari di polizia che hanno subito le imposizioni di Bellomo o hanno avuto storie con lui, ma tacciono. Non lo trova assai grave?

«Penso che chi è stato vittima dei metodi come quelli che stanno emergendo abbia il dovere di denunciarli, tanto più se oggi è un magistrato legittimamente vincitore di un concorso, sul cui rigore e serietà non nutro alcun dubbio».

 II sistema per cui un laureato debba sottoporsi a un'ulteriore formazione presso scuole che costano migliaia di euro e non sono controllate non è una gravissima anomalia?

«La vicenda pone interrogativi molto seri a tutti. Penso che l'accesso al concorso necessiti di una riforma radicale. Si pone innanzitutto un problema di equità sociale e pari opportunità peri giovani meritevoli appartenenti a famiglie poco abbienti».

Propone di abolire il passaggio nelle scuole per chi è povero ma bravo?

«Sì, decisamente. Se un giovane appartenente a una famiglia di operai odi precari si laurea con 110 e lode, è profondamente iniquo non consentirgli di accedere al concorso in magistratura, senza i percorsi lunghi e costosi che non riesce a sostenere. Quando ciò era possibile la qualità dei vincitori non era inferiore a oggi. Pur evitando generalizzazioni sui corsi, la formazione post universitaria va meglio disciplinata».

Vi sono magistrati ordinari e amministrativi che dirigono, selezionano gli studenti, insegnano, sono l'anima della scuola stessa. II Csm che fa?

«Disponiamo di regole rigorose e la nostra sezione disciplinare, in meno di due settimane, ha deciso la sospensione dal servizio e dallo stipendio del pm coinvolto. E ciò potuto avvenire grazie al materiale istruttorio raccolto dal Consiglio di Stato e integrato dalla procura generale della Cassazione. La magistratura dispone di anticorpi per fare pulizia al suo interno».

Scusi, la giustizia italiana di ogni tipo è notoriamente lenta. Perché mai queste toghe, anziché fare solo il loro lavoro, vengono autorizzate a fare altro guadagnando soldi in più?

 «Per la magistratura ordinaria, il Csm ha emanato una disciplina molto restrittiva. Non è consentito a giudici e pm fondare, gestire, collaborare o insegnare in scuole private. E il Consiglio ha sempre rispettato tale regola. Per il resto non pub che essere il legislatore a provvedere».

Al Csm, su 553 indagini disciplinari, ben 173 si sono concluse con una condanna. Ma questa vicenda — e gli ultimi casi, da Saguto a Pagano — non dimostra che si deve andare oltre?

“Il nostro procedimento disciplinare funziona, è efficace. Vorrei contrastare un luogo comune, quello della giustizia domestica del Csm. Non è così, e i fatti lo dimostrano. Basta dire che delle 171 condanne in tre anni, in ben 11 casi c'è stata la rimozione dall'ordine giudiziario, cioè il licenziamento, e in 12, tra cui quelli citati, la sospensione dal servizio».

 Nel 2017 la magistratura ha fatto inchieste importanti sulla corruzione. Brutte storie di magistrati non rischiano di appannare i risultati?

 «l gravi comportamenti di pochi rischiano di ledere il prestigio e di affievolire la fiducia nei confronti di tutta la magistratura. Il che non pub essere assolutamente consentito. Ecco perché l'efficacia della giustizia disciplinare riguarda i magistrati, ma anche i cittadini».