25 Ottobre 2015


La lotta alla corruzione è una priorità nazionale, l'intervista a Il Messaggero

Intervista del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini a SilviaBarocci, pubblicata su Il Messaggero del 25 ottobre 2015

L'intervista è pubblicata a pagina 3 de Il Messaggero, di seguito riportiamo il testo completo. 

Vicepresidente, se l'aspettava di sentire al congresso dell'Anm temi e argomentazioni che riecheggiano quelli dei tempi in cui a palazzo Chigi c'era Berlusconi? Tutto cambia perché nulla cambi? 

«Per la verità non mi aspettavo una rappresentazione mediatica da “scontro” di altri tempi, anche perche' il clima ed i contenuti non andavano in quella direzione. 
Comunque voglio essere netto. Considero un errore l'idea che l'analisi e le proposte sulla giustizia e sul rapporto tra magistratura e politica sia quella di 5, 10, o 20 anni fa. La realtà mi sembra molto diversa. E non condivido talune critiche che trovo forzate ed eccessive».

Secondo Orlando le critiche alla politica sono un modo per tenere insieme la magistratura al suo interno divisa. Condivide? 

«Non voglio esercitarmi nell'interpretazione autentica delle parole del ministro; ciò che è certo è che la magistratura associata vive un travaglio che si ripercuote sia nelle posizioni sulle riforme, che sul governo autonomo. Le divisioni ci sono e non posso che augurarmi che prevalgano equilibrio e spirito di collaborazione per ricercare le soluzioni migliori per la giustizia e per i cittadini. Il conflitto e l'estremizzazione delle posizioni rischiano di indebolire tutti e soprattutto il futuro del Paese».

Come lo spiega, allora, questo clima di sospetto reciproco? 

«Ciascuno alimenta i sospetti a modo suo, quindi non c'è una sola spiegazione possibile. Per superare la crisi del paese e della giustizia occorre una politica forte, capace di produrre buone leggi anche per garantire più mezzi, coperture d'organico di magistrati e personale amministrativo, ed occorre un ordine giudiziario forte, credibile ed autorevole. La cultura del sospetto indebolisce sia la politica che la magistratura ed è in contrasto con gli interessi del paese, i cui destini sono sempre più legati ad un sistema giudiziario imparziale, efficiente e veloce».

Il taglio delle ferie e la nuova responsabilità civile sono legge. Non ancora la riforma delle intercettazioni, che i magistrati guardano con sospetto. C'è qualcosa che non la convince? 

«Non mi convince la genericità della delega che comprime l'apporto del parlamento e rischia di produrre una distorsione dello schema costituzionale del procedimento legislativo delegato. Mi convince, e non da oggi, l'opportunità di un intervento che aiuti a contemperare meglio tutti i valori costituzionali coinvolti e a chiudere una polemica a volte pretestuosa che dura da 20 anni. Il punto fermo per noi è non limitare tale strumento d'indagine».

Ritiene che sullo scandalo di Palermo nella gestione dei beni mafiosi la magistratura abbia intrapreso un vero percorso di autocritica o la questione è "in sonno"?

«Il Csm è intervenuto con tempestività. Abbiamo aperto la procedura di incompatibilità, l'unica a nostra disposizione, immediatamente, siamo andati a Palermo per verificare con i capi degli uffici cosa era accaduto e le prime efficaci misure adottate dal Presidente del Tribunale. Saremo rigorosi sia nel procedimento che pende in Prima Commissione, sia in sede disciplinare, quando, e mi auguro presto, l'azione sarà promossa dai suoi titolari. Dopodiché, questa gravissima vicenda evidenzia ancor di più l'urgenza di munire il Csm di strumenti più efficaci per intervenire sulle patologie nell'esercizio della giurisdizione».

In un anno il Csm ha fatto uno sforzo immenso nella nomina dei nuovi vertici e nella produzione di delibere innovative come l'ultima sui magistrati in politica. Una riforma "timida" come la definisce Cassese o una rivoluzione i cui risultati sono ancora da vedersi?

«Né una proposta timida, né una rivoluzione, ma una posizione finalmente chiara e netta sul versante più delicato e scoperto del rapporto tra politica e magistratura. Con una decisione, pressoché unanime il Csm si è fatto carico di proposte precise come quella che prevede che dopo una prolungata esperienza politica, i magistrati conservino sì il posto di lavoro, come la Costituzione impone, ma transitando nell'avvocatura dello stato o nella Pa. Ciò per garantire quella terzietà percepita che costituisce un corollario imprescindibile dell'autonomia ed indipendenza»

Expo e Giubileo: grandi eventi che rappresentano un fattore di crescita economia ma anche di rischio di corruttela nella gestione degli appalti. In vista del Giubileo la magistratura potrà contare su nuovi 
strumenti? 

«Prima dell'avvio di Expo abbiamo tempestivamente deliberato una copertura straordinaria degli organici degli uffici giudiziari di Milano, per un totale di circa 25 magistrati. Ritengo che, in vista del Giubileo, un'operazione analoga possa essere fatta per Roma, che peraltro versano in una condizione di grave difficoltà. 
Dopodiché a Roma come a Milano, la corruzione, in occasione dei grandi eventi, si contrasta con la prevenzione affidata all'Anac e alle Pa coinvolte e si contrasta evitando di abusare degli strumenti derogatori negli appalti pubblici».

Dopo l'ultima inchiesta di corruzione sull'Anas il procuratore Pignatone ha rilevato che dare risposte non spetta solo alla magistratura. La politica non fa abbastanza?

«Penso che sul piano delle riforme, in questi anni, siano stati fatti passi notevoli, a partire dalla legge Severino, poi con l'istituzione e il rafforzamento dell'Anac ed infine con la legge sulla corruzione 
“Orlando-Grasso”. L'Italia non ha mai avuto tanti strumenti normativi a disposizione. Ha ragione il procuratore Pignatone, la lotta alla corruzione non spetta solo alla magistratura che tanto importante lavoro sta producendo; deve diventare, sempre più, una priorità anche per la politica e per chi guida le istituzioni a tutti i livelli, tanto più che oggi sono disponibili strumenti nuovi».

Prendiamo il caso Roma. Il Pd, con Orfini, fino a non poco tempo fa aveva sostenuto Marino anche per la discontinuità rappresentata dalla sua amministrazione rispetto a quella precedente. Dopo il caso scontrini il Pd ha cambiato idea. E' una questione di onestà o di capacità amministrativa?

«Come è noto, sono amico e stimo il sindaco Marino, ho avuto per un periodo la responsabilità per conto del Governo del riequilibrio finanziario di Roma Capitale, che è un risultato conseguito sin dal settembre 2014, dopo un anno di lavoro. Oggi esercito una funzione di garanzia e mi sembra che non sia il caso che io vada oltre».

Non pensa che un atteggiamento oltranzista della magistratura favorisca il ”grillismo”?

«La magistratura non può né direttamente né indirettamente coltivare propositi a favore o contro qualunque forza od opzione politica. Questa ovvia considerazione vale oggi e valeva per il passato. E non 
penso che la magistratura si sia mia prestata né si presti ad operazioni politiche. Altra cosa sono gli effetti della contrapposizione pregiudiziale agli sforzi di riforma. Se si trasmette l'idea che qualunque riforma non va bene, se si preferisce frapporre ostacoli a qualunque tentativo di migliorare le cose, allora è inevitabile che si determini il rafforzamento della deriva demagogica già molto radicata nella società italiana».