27 Giugno 2018


Intervento all'Assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduta dal Capo dello Stato, alla presenza del Ministro della Giustizia

Mercoledì 27 giugno - Consiglio Superiore della Magistratura

Signor Presidente della Repubblica, Onorevole Ministro, colleghi Consiglieri, nella seduta straordinaria e solenne di oggi, intendiamo porre al centro della riflessione un tema di portata decisiva per l'efficienza ed il buon andamento del sistema giudiziario italiano: lo stato dei rapporti tra le competenze del Ministero della Giustizia e le funzioni affidate, dall’art. 105 della Costituzione, al Consiglio Superiore della Magistratura. Si tratta di rapporti delicati e complessi oggetto di riflessioni dottrinarie e di una lunga esperienza istituzionale che si avvia a compiere i sessanta anni. E', quello di oggi, un confronto tanto più opportuno e prezioso poiché si colloca verso la conclusione di un quadriennio di vita consiliare, durante il quale, come dirò meglio più avanti, molto si è investito su tali rapporti seguendo le direttrici scolpite nella Carta Costituzionale e, al contempo, si svolge all'inizio del mandato del nuovo Ministro della Giustizia. L’intento, quindi, è quello di fare il punto sugli esiti dello sviluppo dei rapporti di leale collaborazione sui quali Ella, Signor Ministro, insieme con il Consiglio che si insedierà in autunno, potrà nuovamente contare per affrontare il futuro della giurisdizione e dei servizi di giustizia. Gli indirizzi e la qualità delle relazioni tra il Ministro e il CSM hanno seguito, nel corso dei decenni, lo spirito dei tempi. Dopo un lungo periodo in cui le funzioni consiliari si sono dispiegate in chiave prettamente difensiva, dal principio degli anni ottanta, ha cominciato a profilarsi la ricerca concreta di inediti spazi di collaborazione. Furono le elaborazioni di Vittorio Bachelet, a concedere nuovo spazio ad un’interpretazione degli artt. 105 e 110 Cost., orientata alla tutela dell’ordinamento nel suo complesso e nella sua unitarietà, capace, quindi, di porre in relazione competenze di natura complementare. Si trattò di una fase in cui si affermarono gli embrionali schemi del coordinamento. Di questa logica di rapporti, si ebbe, tuttavia, negli anni successivi uno svolgimento sofferto, segnato da ritorni di diffidenza ed a tratti di conflittualità tra indirizzo ministeriale e governo autonomo. L'ultimo decennio, invece, è stato segnato dal costante investimento sull’integrazione tra le competenze ministeriali e le funzioni del governo autonomo, con una marcata accelerazione proprio in questa consiliatura. L'idea che ha animato le iniziative consiliari e ministeriali è stata quella di affermare una visione di integrazione delle rispettive competenze, valorizzando, senza mai indebolirli, gli spazi di reciproca autonomia. Ci si è spinti al di là del mero indirizzo della pur doverosa leale collaborazione. Ciò è stato possibile da un lato contando sul costante lavoro del tavolo paritetico, istituito nel 2011, dall'altro mediante il forte investimento sulla cultura dell'organizzazione degli uffici giudiziari. Ne parleranno più diffusamente i Consiglieri che interverranno durante la discussione. Per parte mia, mi limito a sottolineare il cambio di passo che ha segnato gli ultimi tre anni. Abbiamo investito su terreni fino ad oggi inesplorati, attenendoci sempre ai limiti delle prerogative consiliari e rispettando l'autonomia dei dirigenti degli uffici e di ciascuno dei magistrati. Il Consiglio, facendo ricorso a strumenti di soft law, o di spinta gentile - si direbbe oggi -, è nelle condizioni di proporre analitici modelli organizzativi per il buon andamento degli uffici giudiziari. Questo lungo e complesso lavoro ascendente, di censimento delle pratiche sorte sui territori ha preparato una diffusione promossa in direzione contraria, provvedendo anche a rielaborare le migliori esperienze maturate nei distretti. Ciò ha riguardato la complessa redazione del manuale delle buone prassi, la forte evoluzione della cultura e degli strumenti tabellari, la coraggiosa circolare sull'organizzazione delle Procure. Ci si è spinti a investire in cultura organizzativa su ambiti inediti e delicati, quali le intercettazioni telefoniche, la gestione dei procedimenti di protezione internazionale, il contrasto agli odiosi reati di violenza di genere, le esecuzioni immobiliari, il prossimo varo di linee guida sulla comunicazione giudiziaria e molto altro ancora. Le due giornate dedicate all’organizzazione, la settimana scorsa, hanno evidenziato a fondo i tratti di questo indirizzo consiliare. E il frutto di tale lavoro va ormai perfezionandosi in uno strumento, “Il Codice dell’organizzazione”, che si propone l’ambizioso obiettivo dell’esaustività e sistematicità. Non sarebbe stato possibile conseguire tali risultati, senza la competenza e la passione di tutti i Consiglieri, degli uffici coinvolti e delle articolazioni consiliari. Mi sia consentito di ringraziare, in particolare, i quattro presidenti succedutisi alla guida della settima commissione, i consiglieri Ardituro, Cananzi, Galoppi e Clivio, ciascuno dei consiglieri togati e laici che ne hanno fatto parte, i magistrati segretari e dell'Ufficio studi, nonchè alcune espressioni delle migliori professionalità e specializzazione della magistratura italiana che, volta per volta, hanno collaborato con il Consiglio. Senza il loro apporto, e senza il contributo dell'Avvocatura che abbiamo coinvolto nel segno di una forte collaborazione, non avremmo potuto raggiungere risultati che segnano in profondità l'esperienza di questa consiliatura. 2. L’efficienza dei servizi di giustizia costituisce un valore che non deve, tuttavia, suggerire torsioni prestazionali nei riguardi dei singoli magistrati, indebite commistioni tra l’esercizio delle funzioni di valutazione e di giudizio disciplinare, ma solo favorire l’obiettivo di contribuire ad un’offerta di giustizia tempestiva e accurata. L'obiettivo ultimo è stato e dovrà essere quello di far tornare a crescere la fiducia verso la magistratura ed in definitiva sostenere e rinsaldare la legittimazione del potere giudiziario. Si tratta di una prospettiva in parte nuova, ancorata all'ordito costituzionale – e, in particolare, agli artt. 105 e 110 Cost. – non più letti nella loro portata di riserva di competenza, di difesa di prerogative che si stagliano l’una di fronte all’altra, a presidiare campi separati dove non si vogliono immissioni e incursioni. Se ne valorizza, invece, proprio quella portata di reciproca integrazione che sottende cooperazione verso un fine comune: quello del funzionamento dei servizi e dell’organizzazione della giustizia. E’ bene, tuttavia, ribadire che, senza la necessaria linfa vitale delle risorse umane e strumentali, la giurisdizione, fatalmente, perde terreno e smarrisce la sua missione storica di garantire i diritti fondamentali. Ecco perché i numerosi gangli amministrativi, che vedono collaborare Ministero e Consiglio Superiore, compongono un arcipelago di istituti e ambiti sui quali è auspicabile che si possa insistere, anche attraverso il succedersi delle consiliature e degli indirizzi politici in materia di giustizia. E’ questo il senso da assegnare al principio di continuità. Continuità nel metodo, non delle scelte di politica legislativa in materia giudiziaria e nemmeno nelle singole opzioni culturali che contraddistinguono l’esercizio di ciascuno dei presidi di garanzia scolpiti nell’art. 105 della Carta fondamentale. L’ordinamento costituzionale suggerisce che nessuna delle prerogative del Consiglio Superiore è esercitabile come una monade. Dalla Costituzione, si intuisce che le grandi scelte di indirizzo politico possono aspirare alla piena effettività, soltanto quando ottengono una rielaborazione, magari anche critica, da parte dell’organo di governo autonomo. La collaborazione con il Ministero ha riguardato anche l'utilizzo virtuoso dell'istituto di cui all’art. 10 della l. n. 195 del 1958. I numerosi pareri resi da questa Assemblea sulle iniziative legislative degli ultimi anni non hanno mai potuto neanche far pensare all’antica critica del Consiglio che sconfina, con un eccesso di interventismo, nell’area riservata al potere legislativo. Al contrario, quella prerogativa disciplinata dalla legge istitutiva è servita per prefigurare le conseguenze sul ruolo e sull’operato della magistratura ordinaria, delle innovazioni normative in corso di predisposizione. Non a caso, l’attività consultiva consiliare si è rivelata preziosa in molti e disparati settori dell’ordinamento: dallo stato giuridico dei magistrati, alla disciplina del settore minorile, dalle prospettive di riforma dell’ordinamento penitenziario, alla disciplina del sistema di contrasto al terrorismo, fino al delicato ambito della partecipazione dei magistrati all’attività politica. L'orientamento del governo autonomo rispetto alle novità che si prospettavano per via legislativa, non è mai stato conciliante per natura, né aprioristicamente critico, anche se non sono mancate le occasione di motivati dissensi su singole iniziative legislative. L’attività consultiva è stata improntata, invece, ad una costante intenzione di far emergere la prospettiva dell’ordine giudiziario sulle potenziali conseguenze derivanti dalle singole modifiche normative. 3. Questa consiliatura ha poi lasciato emergere nuovi e rilevanti fronti per lo sviluppo dell’integrazione tra le funzioni consiliari e le competenze ministeriali. Voglio, ad esempio, rammentare il virtuoso coinvolgimento, nei rapporti tra Consiglio e Dicastero, di un altro soggetto determinante quale è la Scuola Superiore della Magistratura. Che l’analisi integrata della condizione dell’ordine giudiziario passi anche per i rapporti con la Scuola Superiore, è elemento decisivo affinché il vitale valore della formazione non venga scisso dai grandi temi che investono la magistratura ordinaria. La formazione non è un elemento collaterale o marginale poiché si salda con le fondamentali competenze consiliari; penso al conferimento degli incarichi direttivi, alla delicata fase dell’accesso ai ruoli con il tirocinio, ai percorsi di carriera segnati da una crescente tendenza alla specializzazione. La riforma del Regolamento interno ha poi assicurato, al Consiglio Superiore, un articolato contributo da parte degli Uffici di documentazione e dei collegi dotati di capacità istruttoria e di strumenti avanzati di rilevazione statistica. Mi riferisco alla Struttura tecnica per l’organizzazione, all’Ufficio Statistico, che il nuovo regolamento consiliare ha posto in una posizione di particolare rilievo ed equilibrio. Sono articolazioni organizzative in grado di produrre ricerche ed elaborazioni autonome, ma orientati per loro natura e struttura, ad una potenziale integrazione con gli omologhi Uffici ministeriali. Per non dire, poi, di quei casi in cui l’integrazione è direttamente assicurata proprio tramite il modello della composizione mista dei collegi. Si tratta di organi dominati dal principio duale di un’azione comune, improntata a mettere a fattor comune esperienze e conoscenze determinanti per l’istruttoria di decisioni anche da adottare separatamente. Anche la decisone che abbiamo assunto alcuni mesi fa di restituzione al Bilancio dello Stato di 20 milioni di euro di avanzi di gestione del Consiglio affinché il Ministero li destinasse, come sta avvenendo, agli uffici giudiziari delle aree colpite dal sisma o che versano in situazioni di particolare difficoltà, offre il senso dello spirito che ha animato l'indirizzo consiliare di questi anni. 4. Onorevole Ministro, nel ringraziarLa vivamente per aver accettato l’invito a prendere parte ai lavori odierni, ritengo di poter dire che il panorama che ho cercato di tratteggiare ha consentito di ridefinire il perimetro delle funzioni del Consiglio Superiore della Magistratura. Nel corso della consiliatura che volge al termine, su questo modo di disporsi dell’autogoverno, si è consolidata una salda consonanza di vedute, ferme rimanendo le salutari differenze di visioni dell’ordinamento giudiziario di cui tutti i componenti, togati e laici, si sono fatti portatori. Il confronto, talora persino aspro, tra le diverse opzioni culturali credo abbia molto giovato a ciascuno dei componenti, consolidando il modello di governo autonomo ideato dal Costituente, che molti Paesi ci invidiano. Concludo manifestando un rammarico che non credo pervada me solo. In questo scorcio di tempo che precede le consultazioni per il rinnovo dei componenti togati del Consiglio, si manifesta una distanza, a tratti eccessiva, tra la dedizione, la passione, l'intenso lavoro e i risultati conseguiti in questi anni e un’opposta tendenza demolitrice, tanto pretestuosa quanto esasperata nei toni, che rischia di arrecare danni all'Istituzione consiliare e alla stessa onorabilità della magistratura. Il governo autonomo deve poter tutelare la propria indipendenza e quella di ciascuno dei magistrati, sostenendo la percezione di fiducia dei cittadini nei confronti dell'ordine giudiziario. Troppi giudizi sono il frutto di disinformazione e sono pervasi da mero spirito di contrapposizione. Non fanno onore alle pur legittime istanze di progressivo miglioramento delle regole e delle prassi di funzionamento del Consiglio, che pure in questi anni di indirizzo innovatore e riformista abbiamo avviato producendo novità straordinarie. Ella, Signor Presidente, ha sempre saputo orientarci, con costante e colta guida, contemperando il rispetto dell'autonomia del Consiglio con la capacità di leggere in anticipo i rischi e le potenzialità delle scelte che, passo dopo passo, andavano compiendosi. Di tutto questo, Le siamo immensamente grati. Non è ancora tempo di consuntivi. Li faremo fra tre mesi, alla scadenza della consiliatura. Intanto, ci accingiamo ad operare, con cura e intatta dedizione, in queste ultime settimane di lavoro, con il dichiarato e fermo intento di assicurare la più piena collaborazione al Ministro della Giustizia e al Parlamento che vanno delineando l’indirizzo politico che orienterà anche il sistema giudiziario nei prossimi mesi.