23 Giugno 2016


Intervento al convegno "Calcolabilità Giuridica"

L'intervento del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, che si è tenuto a Roma il 26 giugno 2016 con il patrocinio dell'Accademia dei Lincei.

Signor Presidente dell’Accademia dei Lincei,

Illustri Professori,

Signore e Signori,

intendo innanzitutto ringraziare tutti voi, e in particolare il Professor Natalino Irti, per avermi rivolto il gradito invito ad aprire il programma delle due sessioni dell’odierno convegno sulla calcolabilità giuridica.

Si tratta di un evento di straordinario interesse e il patrocinio dell’Accademia rende lustro alla brillante intuizione di analizzare, in chiave multidisciplinare, le implicazioni di uno dei problemi più complessi e discussi del nostro tempo: la disgiunzione tra il sapere tecnico-economico e la conoscenza giuridica.

La traccia del Convegno si muove lungo il filo di tre verbi che si completano vicendevolmente: il valutare, il prevedere, il giudicare.  Si tratta di un metodo, quello sotteso all'accostamento e al dialogo tra saperi diversi, che, grazie alle autorevoli voci dei relatori, consentirà di gettare un ponte tra due mondi, quelli dell’economia e del diritto, promuovendo riflessioni su termini e quesiti  che possono risultare  incerti o comunque dal significato non comune ai saperi che oggi si confronteranno.

E’ di Wittgenstein l’intuizione secondo cui vi è una costante tendenza a cercare di voler afferrare e portare con sé, nella direzione voluta, la “totalità dei fatti” di cui il mondo si compone. Un tentativo, questo, che fonda la volontà di conoscenza e che necessita – si legge nel celebre Tractatus – almeno di collocare questi fatti in uno “spazio logico”. Per l’operatore economico questo spazio logico conta perchè costituisce il fondamento della prevedibilità. E tra gli elementi oggetto del naturale interesse a prevedere vi sono i tempi e gli esiti del processo di aggiudicazione delle controversie. Si intende, cioè, la ragionevole aspettativa di comprendere in anticipo dove si situi l'esito di un conflitto tra due o più parti regolato dal processo e quali siano i tempi necessari alla sua risoluzione.

Intorno a questa esigenza si sono andate sviluppando, negli ultimi anni, esigenze nuove e aspettative forti del mondo economico continentale e mondiale. Basti ricordare che la qualità del sistema giudiziario  e della regolazione del contesto istituzionale e sociale in cui si svolge l’attività d’impresa sono compresi tra gli indicatori Doing Business della Banca Mondiale  e che è anche su tali valutazioni che maturano le scelte di localizzazione degli investimenti.

Le intersezioni tra economia e diritto trovano nei richiami – per la verità talvolta indeterminati – alla certezza del diritto una sorta di tema ricorrente. Cito, ad esempio,  il c.d. “piano Juncker”  per gli investimenti in Europa che individua nella prevedibilità e qualità della regolamentazione un decisivo fattore del miglioramento del contesto alla base della crescita.

Più in generale, plurime esigenze e domande si manifestano nel richiamo alla necessità di stabilire un ordine complessivo entro cui  sviluppare la libertà di iniziativa economica, al riparo dai tumultuosi e a tratti travolgenti mutamenti dell’economia globale.  Ed è per tale ragione che  sono sempre più ricorrenti gli interrogativi  del mondo economico  sul fronte della regolazione in generale, sui limiti dei poteri normativi e  di disciplina sovranazionale di settore, delle modalità di esercizio della funzione giurisdizionale.

Ed è proprio nel contesto di tale ricerca che ci si imbatte nel tema, da più parti analizzato, delle crisi della statualità e del processo di integrazione europeo.

Il crescente interesse che si registra sulla  calcolabilità giuridica si situa proprio all’interno di tale scenario. Si tratta, tuttavia,  di un tema non nuovo.

Già Max Weber – è noto – individuava nell’esigenza di prevedibilità e calcolabilità uno dei tratti caratterizzanti dei sistemi capitalistici. Di questi veri e propri bisogni il diritto deve farsi garante se intende supportare e regolare una società in cui il rischio dell’intrapresa economica possa essere ponderabile. Aggiungo anche che costantemente la questione si ripropone al cospetto proprio dei tempi di crisi, delle fasi di passaggio e di evoluzione della forma di stato nei regimi liberali.

E non a caso l’ultima elaborazione del pensiero weberiano, quella del triennio 1919 - 1922,  maturava nella delicata transizione tra Stato liberale e democrazia pluriclasse. Una fase che vide, con l’affermazione dei primi cataloghi di diritti sociali nella Costituzione di Weimar, profilarsi all’orizzonte mutamenti dovuti all’irrompere sulla scena di nuove aggregazioni sociali, interessi compositi, diritti con aspirazioni universalistiche, l’eguaglianza in senso sostanziale.

In quella fase - e ancor più oggi - l'impresa, a fronte della crisi dei precetti normativi e dell’effettività della regolazione, è inevitabilmente tentata dal cercare altrove la garanzia di calcolabilità, in particolare nella lex mercatoria. Lo stesso Max Weber, infatti, sottolineava il rischio che il capitalismo di ciascuna era, affinata la calcolabilità tecno-economica, preferisca  agire con scorribande al limite del legale o persino con atti predatori, piuttosto che nel rispetto di limiti legislativi friabili o incerti. Un rischio che caratterizza ancor più le dinamiche economiche su scala globale che da tempo vanno sviluppandosi ed affinando la loro incidenza sugli ordinamenti giuridici.

Ad evidenziare tale alternativa perviene l’analisi di Natalino Irti sulla calcolabilità e prevedibilità da angolazione giuspositivistica; peraltro in una fase di crisi che è passata dalla legge, ad investire il concetto stesso di Costituzione. 

Si amplificano, così, nel diritto pos-moderno  - lo ha efficacemente spiegato il Presidente Grossi -  l’esigenza di prevedibilità e quella di protezione degli affidamenti dei singoli. Ne parlerà, nel pomeriggio, il professor Valerio Onida.

Alla profonda crisi dei Parlamenti, della rappresentanza politica e quindi della centralità della funzione legislativa, si accompagna anche  il rischio di arresto del processo di integrazione europea, soprattutto dal lato della legittimazione democratica delle istituzioni comunitarie. Al contempo, il sistema di produzione del diritto vede incrementato il tasso di complessità e finanche l’imprevedibilità; resta, dunque, l’esigenza così bene individuata nell’intuizione weberiana ed attualizzata dal citato saggio del professor Irti.

L'originalità dell'analisi del professor Irti risiede proprio nella straordinaria capacità di incastonare la calcolabilità nell'alveo degli interrogativi epocali sull'effettività degli ordinamenti, sulla capacità inclusiva delle Costituzioni, sui nuovi fattori di indebolimento della legislazione e quindi della rappresentanza politica. Intuizioni,  dubbi e  spinte destinati, inesorabilmente, a riversarsi sul versante della giurisdizione, aprendo nuovi interrogativi e scenari inediti.

Si intravedono, così, due orizzonti nitidi, due faglie sulle quali si dispiega  – inutile negarlo – anche il confronto tra ordinamenti nella capacità di attrarre i capitali e le decisioni di localizzazione delle imprese. Provo a proporre considerazioni di sintesi che richiederebbero, tuttavia, ben altri approfondimenti.

a) La giurisdizione deve assumere una consapevole responsabilità circa il recupero della prevedibilità del diritto. Se le difficoltà che incontra il legislatore sono insite   nella complessità del presente,  allora è il giudice che deve farsi carico dell’obiettivo:  non già per esercitare un ruolo di supplenza (sul quale si è fatta grande confusione, e da molte parti), ma perchè è la sua stessa funzione costituzionale ad imporlo.

La certezza è, infatti, un valore costituzionale, come è stato ben illustrato da Massimo Luciani. Si tratta di un meta-valore che permea di senso le carte fondamentali, in particolare quelle, come la nostra, basate sulla divisione dei poteri e sul riconoscimento dei diritti fondamentali.

b) Il dualismo tra legislazione e giurisdizione - che poi evoca l’ombra della  dialettica tra iurisdictio e gubernaculum - non può, tuttavia, evolvere in conflitto permanente: così spingendo gli attori economici a fare a meno della regolazione, ad agognare cioè un modello del tutto superato e anacronistico di Stato minimo. Occorre invece sperare nel recupero di certezza del diritto, per il tramite della prevedibilità; ciò può accadere soltanto se i singoli giudici, a livello diffuso, si fanno carico di improntare le decisioni giudiziarie all'esigenza della calcolabilità.

E non è il modulo gerarchico, il dirigismo e il controllo accentrato nell'esercizio della giurisdizione, che rischia di scolorare l’uniformità del decidere nella limitazione della piena autonomia dello jus dicere, ad offrire garanzie di certezza.  La certezza non equivale solo al consolidamento dello stare decisis, al  pur necessario rafforzamento della funzione nomofilattica della Suprema corte di cassazione.

La Costituzione italiana vede nel giudiziario un potere-ordine di natura diffusa, con il correttivo della giurisdizione costituzionale che il Costituente volle accentrare e non disperdere. E allora la prevedibilità va garantita con i processi di formazione, con la diffusione di una cultura nuova e sensibile alla multidisciplinarità e all’integrazione con gli altri saperi. Naturalmente, non ignoro che la pienezza di senso di questi tre termini – calcolabilità, certezza e prevedibilità – non è sovrapponibile. E anzi sono certo che  maggiori chiarimenti sulla loro portata  potranno venire dalle relazioni di oggi che originano da apporti e culture scientifiche variegati.

Basti dire – e credo sul punto tornerà con ben altra profondità il Presidente Canzio nel corso della sessione pomeridiana – che la nomofilachia costituisce un tassello di un più ampio e complesso mosaico che non prevede vincolatività, sovraordinazione, gerarchia, direttive limitanti rivolte al giudice.

Il valore della certezza deve considerare la Suprema Corte di Cassazione quale parte di un arcipelago di istituti volti ad offrire  razionalità al diritto che vive tramite il processo.

Il fine va dunque conseguito discernendo innanzitutto la prevedibilità orientata sul fattore tempo e quella intesa come conoscibilità ragionevole e logica dell’esito delle regiudicande.

Al fianco di strumenti collaudati quali il dialogo tra le Corti, la circolazione dei modelli di tecnica decisoria, il diffondersi dell’interpretazione conforme a Costituzione, gli strumenti per perseguire l’obiettivo di prevedibilità si devono estendere alla crescita della cultura dell'organizzazione dell’ordine giudiziario.

Formazione, selezione e modelli procedimentali di azione dei giudici, apertura a saperi altri rispetto alla conoscenza giuridica,  costituiscono, inevitabilmente, la base per ricomporre un quadro avanzato di prevedibilità e, appunto, di calcolabilità del diritto e delle risposte giudiziarie.

Le finalità appena descritte coincidono chiaramente con altrettanti obiettivi che si propone il Consiglio Superiore della Magistratura.

Anzi, essi costituiscono il viatico perché torni a crescere la legittimazione della magistratura, ovvero - ed uso parole di un compianto studioso e giudice costituzionale, Carlo Mezzanotte - il consenso diffuso verso l’operato del giudice. Esso “non è fondato su aprioristiche categorie teoriche, ma proprio si basa sulla collettiva consapevolezza di quanto sia realmente efficiente” la giurisdizione nel far fronte alle attese di certezza e stabilità dei rapporti giuridici. Per chi è quotidianamente impegnato nel tentare di realizzare tali obiettivi il  convegno di oggi fornirà un contributo di profonda e alta riflessione. Ed è formulando il fiducioso auspicio di una piena riuscita dell’evento odierno, certo che essa risulterà  pari alle straordinarie aspettative suscitate, che Vi ringrazio ancora e vi auguro buon lavoro.