25 Ottobre 2016


Giovanni Legnini, intervista a la Repubblica

Il testo dell'intervista del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, pubblicata su la Repubblica del 25 ottobre 2016 a firma di Liana Milella

ROMA. “Sentenze rapide sì, ma occorrono uomini e mezzi”. Dice così Giovanni Legnini, il vice presidente del Csm, da tempo sostenitore della via del dialogo, che domani si appresta a presentare la nuova mappa dei capi degli uffici giudiziari italiani costruita in due anni di consiliatura.

Non è sorpreso dall'improvvisa pace scoppiata tra l'Anm di Davigo e il premier Renzi?
“Sorpreso no, soddisfatto sì. Il reciproco ascolto e il dialogo, sono l'unica via per affrontare e risolvere problemi antichi e recenti della giustizia italiana”.

Ma lei ce li vede davvero Renzi e Davigo a dialogare?
“Quando si entra nel merito dei problemi e  c'è volontà di ricercare soluzioni, evitando di comunicare  solo per slogan,  il confronto e' destinato a decollare anche tra persone  tra loro molto diverse ”.

Ma lo sciopero oggi sarebbe “inutile e dannoso”, per usare la definizione che Davigo ha dato della riforma del processo penale o sarebbe invece una scossa necessaria alla politica?
“Lo sciopero è il contrario di ciò che ho appena detto. Per il resto non entro nelle scelte dell'ANM, ma stando alle dichiarazioni post incontro mi sembra che sia stata positivamente avviata la ricerca di soluzioni concrete e condivise”.

Mi spiega come mai, all'improvviso, il governo “molla” sul ddl penale, perfino su quella norma capestro che è la minaccia dell'avocazione se il pm non decide subito la sorte dell'indagato?
“ Contrariamente a quanto si è' detto e scritto in queste settimane, la gran parte di quella riforma è stata condivisa, oltre che in Parlamento, anche in diverse altre sedi istituzionali laddove la magistratura si è espressa in senso positivo , come ad esempio al Csm con il parere che abbiamo a suo tempo reso. Altra cosa è la norma sull'avocazione, che anche io ritengo utile sopprimere o modificare, così come quella sulla responsabilità disciplinare per la ritardata iscrizione nel registro degli indagati, norma opportunamente già soppressa dalla commissione Giustizia del Senato”.

Ma i detrattori della magistratura dicono che il pm vuole tenere sulla corda i protagonisti dell'inchiesta.
“I pm devono rispettare condizioni e termini per l'esercizio dell'azione penale. Dopo di che il problema dei mezzi, del personale, degli organici è reale e va affrontato con urgenza, come lo stesso ministro della Giustizia Orlando ha iniziato a fare. Le misure finora adottate , però, pur positive, sono ancora insufficienti. E mi sembra che nell'incontro vi sia stato un impegno a potenziare interventi e risorse”.

Renzi dice “voglio le sentenze presto”, Pisapia lamenta che l'indagato viene condannato subito, appena esce l'avviso di garanzia. Nell'Italia dei tempi lunghi tutta questa fretta di arrivare a sentenza non è un po' sospetta?
“Rapidità sì, frettolosità no. Il fattore tempo è diventato decisivo in tutti gli ambiti della vita personale, sociale e istituzionale.  Decidere in tempi ragionevoli, voglio ricordarlo, è un principio introdotto nella nostra Carta nel 1999. E' arrivato il tempo di attuarlo facendo recuperare alla giustizia e al Paese credibilità ed affidabilità agli occhi dei propri cittadini e della comunità internazionale. L'idea che in Italia non si decide mai, non si definisce mai un processo, è insopportabile, anche per la credibilità e l'autorevolezza della magistratura, tanto più quando si è in presenza di contestazioni di reato che incidono sulla vita delle persone e delle istituzioni”.

Ma procuratori che notoriamente lavorano molto come Spataro dicono di non avere i mezzi sufficienti, dalle fotocopie in avanti.
“E infatti molto spesso hanno ragione. Il Csm ha perfino formulato una proposta formale di intervento legislativo su personale ed organici. Per attuare il principio della ragionevole durata del processo occorre che il Paese   consideri tale obiettivo una delle principali priorità nazionali. È incredibile che per vent'anni non sia stato assunto neanche un cancelliere ”.

I 72 anni. Lei ha avuto ragione anche su questo, 72 per tutti, ma visto che il decreto è stato appena votato ed è legge le promesse di Renzi e Orlando non sono una chimera?
“Posso solo dire che con 1.300 magistrati in meno nell'organico gli effetti positivi delle riforme non si producono e l'obiettivo dei tempi ragionevoli è destinato ad allontanarsi. Quindi, non ci sono alternative a trattenere chi già c'è e assumere  celermente giovani magistrati”.