16 Febbraio 2015


CSM, Legnini: la formazione fondamentale per il Corpo della Guardia di Finanza

La formazione come valore irrinunciabile ed imprescindibile per la Guardia di Finanza, un Corpo impegnato costantemente in attività complesse e di cruciale impatto economico - finanziario, sociale e pubblico, chiamato al contrasto di complessi fenomeni di criminalità economica e finanziaria di fronte ai quali è necessario disporre di mezzi, strumenti, conoscenze e professionalità all'altezza di sfide impegnative e per taluni aspetti inedite. L’intervento del Vicepresidente del CSM, Giovanni Legnini all’inaugurazione dell’anno accademico dei corsi per Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza de L’Aquila.

Un saluto speciale a voi allievi della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza "Vincenzo Giudice" de l'Aquila. Vi ringrazio per avermi attribuito l'onore di intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico 2014-2015.Grazie soprattutto al Generale Carbone che dirige questa Scuola con competenza e dedizione e al Generale Toschi che esercita la sua alta responsabilità per la formazione con ammirevole dedizione ed autentico amore, già dimostrati nei diversi incarichi di vertice del Corpo. Conosco il valore che la Guardia di Finanza attribuisce alla formazione permanente attraverso un'articolata ed eccellente struttura di insegnamento ed aggiornamento, all'interno della quale spicca la Scuola Ispettori e Sovrintendenti di l'Aquila che provvede a preparare il personale che l’autentica spina dorsale del Corpo.

1. Il valore della formazione per la Guardia di Finanza

La formazione rappresenta un valore irrinunciabile. Per un Corpo come quello della Guardia di Finanza, impegnato costantemente in attività complesse e di cruciale impatto economico - finanziario, sociale e pubblico, la funzione di preparazione ed aggiornamento assurge ad attività prioritaria ed imprescindibile. L'evasione e l'elusione fiscale, il riciclaggio, la corruzione, le contraffazioni, la criminalità economica anche sui mercati finanziari, le organizzazioni di stampo mafioso, le molteplici forme di malversazione delle risorse pubbliche, i mille rivoli che alimentano l'economia sommersa ed illegale, si basano sull'utilizzo di strumenti giuridici e tecnologici complessi, su evolute competenze criminali, su spiccate professionalità e sul carattere transnazionale delle operazioni finanziarie e societarie. 

Il livello di sofisticazione e l’odierna capacità a delinquere della criminalità economica e finanziaria richiede che chi come Voi è chiamato al contrasto di tali fenomeni, sia nella veste di forza di polizia finanziaria che nell'esercizio dell’attività giudiziaria, abbia a disposizione mezzi, strumenti, conoscenze  e professionalità all'altezza di sfide impegnative e per taluni aspetti inedite. 

La Guardia di Finanza si è pertanto munita di un avanzato sistema formativo, attingendo anche a saperi tradizionalmente esterni a quelli tipici del Corpo. Ha sviluppato un avanzato livello di cooperazione internazionale, essenziale per l'efficacia degli interventi investigativi e di controllo. Gli esiti delle indagini e degli accertamenti, oltre a rendere effettivo il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, incidendo direttamente sul corretto e spedito svolgimento degli stessi procedimenti di accertamento e riscossione, costituiscono la verifica migliore dell'efficiente risposta di giustizia tributaria e penale affidata all'autorità giudiziaria. 

2.Il valore della formazione attraverso l’evoluzione del concetto di tributo .

Occorre preliminarmente richiamarsi al  concetto di “tributo”. Si tratta di una categoria giuridica assai rilevante, un tempo esclusivamente legata al potere d’imperio dello Stato ed alla quasi totale assenza di corrispettività; il termine, inteso in senso tradizionale, rappresenta la proiezione della “supremazia” dell’ente pubblico impositore sul cittadino “suddito”.

Questa radice storica, spiega l’attenzione tradizionalmente riservata dalla dottrina, a lungo maggioritaria, allo studio del diritto fiscale sostanziale, nonché all’analisi dei presupposti impositivi. Solo questi ultimi, in termini economici, sembravano consentire di identificare la base del prelievo e legittimavano, in chiave giuridica, la potestà impositiva dello Stato e degli altri enti titolari del potere tributario.

L’ipotesi che lo studio del diritto tributario dovesse essere congiunto con quello dell’economia venne autorevolmente osteggiata, se è vero che persino Einaudi e Carnelutti sostennero, almeno per alcuni tratti, la tesi della netta separazione del diritto dei tributi rispetto all’economia.

Questo dibattito dottrinale non è privo di conseguenze di ordine pratico, anzi. L’alternativa tra lo studio articolato e sincretico dell’economia e del diritto e la sopravvivenza della tesi separatista delle due scienze, condizionava non poco il Legislatore nell’individuazione dei criteri oggettivi e soggettivi per l’imposizione tributaria. Questi erano delineati in funzione dell’esercizio concreto dei poteri di accertamento degli organi fiscali, nonché dei poteri di riscossione effettiva dei vari tributi.

Molto di questo impianto teorico appare ormai superato e culturalmente risulta come sepolto da una frana inesorabile,  originata dall’entrata in vigore dei precetti costituzionali e dai grandi mutamenti economici e culturali che hanno caratterizzato la seconda parte del secolo scorso.

Gli articoli 23 e 53 della nostra Costituzione e il loro graduale inveramento per mano della giurisprudenza costituzionale, hanno consentito di superare la concezione che vedeva il cittadino come individuo astretto a uno status subiectionis, puro e semplice.

L’essenziale correlazione dell’obbligo di pagamento dei tributi alla capacità contributiva, il principio di progressività, la definizione delle prestazioni patrimoniali imposte, sono tutti elementi che assurgono  da decenni ad autentiche stelle polari.

Il legame tra diritti e obblighi nell’essere parte di una società che si svolge nella complessità dei suoi corpi intermedi, le associazioni, le imprese, i Comuni, le Regioni ed il crescente reticolo delle relazioni europee ed internazionali, emerge in tutta la sua forza.

La sfida del recupero dell’effettività dei tributi muta allora di segno. Non è più elaborazione astratta di categorie giuridiche rigide, frutto di un concetto monolitico di sovranità, ma diviene studio e analisi dei comportamenti, delle tendenze economiche e sociali. Ed è sul terreno di questa ormai matura consapevolezza, che si colloca l’esigenza di una preparazione culturale multisettoriale degli operatori, in primis della Vostra formazione, quali titolari di funzioni di polizia economico-finanziaria e giudiziaria di portata generale.

3. Il ruolo e le funzioni della Guardia di Finanza.

All’interno di tale orizzonte è possibile cogliere appieno il valore dell’articolazione ed estensione delle funzioni riconducibili alla Guardia di Finanza.L’organizzazione in chiave di corpo militare della Guardia di Finanza costituisce una ricchezza straordinaria nel nostro sistema  e, non a caso, la Corte costituzionale, posta di fronte al tentativo referendario di  demilitarizzare il Corpo, mediante un referendum abrogativo, nel 2000 lo ha dichiarato inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire il valore storico ed operativo di questo elemento cruciale sul piano organizzativo e  funzionale.

Le funzioni di polizia economica e giudiziaria sono quelle che accostano di più il Corpo all’attività magistratuale, conferendogli un rilievo assoluto e primario nell’attività di contrasto ad ogni forma di criminalità finanziaria, con una proiezione ormai territorialmente liquida ed estesa, che ha finito per ampliare l’area dell’illegalità da perseguire, bonificare, prevenire.

L’analisi delle funzioni accresce il senso di una complessità che rende la Guardia di Finanza diversa, per spazi di competenze, dagli altri Corpi militari e di polizia. Coesistono nello statuto della Guardia di Finanza elementi rilevanti della funzione ispettiva e di controllo, dell’esercizio del potere di accertamento, funzioni tipiche del compito di mantenimento e cura dell’ordine pubblico generale; certo vi è una tendenza alla specializzazione, in esclusività più o meno assoluta, per l’espletamento dell’azione di polizia tributaria e, infine, di polizia militare.

Ciascuna di queste competenze funzionali, è bene ricordarlo, segna una frontiera di contatto e collaborazione con l’autorità giudiziaria, confermando la centralità del Corpo della Guardia di Finanza tanto nelle dinamiche del processo tributario, quanto in quelle del settore penale nella dimensione continentale. Non è un caso che molte delle grandi questioni giuridiche che hanno occupato il Parlamento nel periodo più recente, dispiegano sviluppi di assoluto rilievo sulla professionalità degli appartenenti al Corpo.

 L’introduzione del reato di autoriciclaggio, ad esempio, avvenuta in esito a un dibattito ormai più che ventennale, investe sia le funzioni ispettive e di controllo, che quelle di contrasto alla criminalità organizzata e di collaborazione all’operatività degli strumenti repressivi penali.  Altrettanto rilevanti saranno gli esiti del dibattito, ancora in corso, in punto di modifiche ai reati di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile, in materia di false comunicazioni sociali.

4. Principali settori di cooperazione tra la Guardia di Finanza e Autorità Giudiziaria

Il ruolo della Guardia di Finanza nel sistema di repressione dei reati e nelle relazioni con l’intero ordine giudiziario e, in special modo, con la magistratura requirente si sviluppa secondo molteplici direttrici. Il d.lgs 19 marzo 2001 n. 68, delinea con chiarezza le specifiche funzioni di polizia tributaria così come è ancora la legge 7 gennaio 1929 n. 4 a disciplinare organicamente la materia della repressione delle violazioni finanziarie.

Ulteriori elementi utili per la disamina del ruolo, sotto il profilo organizzativo, emergono dalla legge 23 aprile 1959 n. 189, che ne definisce l'ordinamento e fissa, tra l’altro, il tratto caratterizzante della Guardia di Finanza in forza del rapporto di dipendenza diretta con il Ministero dell’Economia. Muovendo proprio da quest’ultimo tracciato normativo, le due funzioni statutarie che legano il Corpo all’attività investigativa della magistratura requirente sono quelle di:

  1. “prevenire, ricercare e denunziare  le evasioni e le violazioni finanziarie”;
  2. “vigilare, nei  limiti   stabiliti   dalle   singole   leggi, sull'osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico”.

Attraverso un sistema che si potrebbe definire di doppia dipendenza, la Guardia di Finanza, mantenendo il proprio legame con l’indirizzo economico di amministrazione generale che discende dal Ministro dell’Economia, è tuttavia direttamente coordinata dagli Uffici del Pubblico Ministero per la lotta all’illiceità ed alla criminalità anche sovranazionale. L’attività di indagine ne valorizza direttamente l’impiego nell’ambito di tre grandi macroaree di delitti. Trattasi degli illeciti tributari, dei crimini di impresa e di una vasta area di condotte criminali che, pur nell’assenza di uno specifico Capo nel Codice penale, possono riassumersi sotto il nomen dei reati che turbano la concorrenza, l’economia e l’attività imprenditoriale. L’attività di indagine coordinata dal pubblico ministero trova espresso riferimento nel Titolo I, del Libro V, del Codice di procedura penale e ritengo opportuno citare esplicitamente le due formule cruciali che si evincono dagli articoli 326 e 327 del Codice del 1988, giacchè presiedono all’impiego del personale del Corpo e delineano i rapporti con gli Uffici di Procura.

Dispone l’articolo 326 c.p.p.: “Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale”.

Ancor più rilevante è l’altra traccia che promana dal successivo art. 327 c.p.p., secondo il quale: “Il pubblico ministero dirige le 

indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria che, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli”.

Dunque, l’attività di repressione e indagine sui reati passa per schemi di coordinamento nelle investigazioni e questa competenza è del pubblico ministero; si sviluppa, tuttavia, anche in una sfera di autonomia di cui dispone la Guardia di Finanza. Con riguardo al complesso dell’attività repressiva penale, mi propongo ora di svolgere alcune, concise considerazioni.

 

4.a Gli illeciti tributari.

Le fattispecie principali di illecito tributario, disciplinate dal d.lgs n. 74 del 2000, si contraddistinguono per essere condotte a forma propria, giacché si consumano tutte mediante un vizio, una mendacità, una falsità o un errore particolarmente grave che ricade sul contenuto della dichiarazione dei redditi e, in generale, sulle dichiarazioni all’Erario.

L’attività di repressione di tali condotte, le quali si risolvono sempre in una conseguenza dannosa con riguardo al gettito fiscale, muove dall’analisi documentale, oggi in larga parte digitale. Vi è dunque un elemento strutturale di questi delitti che li accomuna alle condotte codicistiche di falso. Tuttavia, gli illeciti tributari vi si discostano poiché sono caratterizzati o dal dolo specifico della finalità di evasione fiscale o dalla specificità dell’atto documentale su cui ricade la stessa condotta (basta citare la falsa od omessa emissione di fatture). Accenno a questi profili poiché essi risultano decisivi in una duplice chiave: da un lato evidenziano l’importanza e il rilievo della Guardia di Finanza, quale corpo dotato di un patrimonio di conoscenze e di una cultura investigativa ed ispettiva che pongono in rilievo il ruolo del ruolo; dall’altro, la capacità di esame del materiale documentale oggetto dei delitti tributari si realizza soltanto qualora riesca e risulti virtuoso, a tutti gli effetti, il coordinamento con altri soggetti istituzionali, prima tra tutti l’Agenzia delle entrate.

L’opera del Corpo della Guardia di finanza costituisce un fondamentale elemento nell’impianto repressivo dei delitti tributari. E ciò perché integra l’impulso dell’attività d’indagine; né mancano, del resto, rilevanti casi in cui diviene l’unico corpo in grado di espletare, sotto la guida della magistratura, un’efficace attivazione dei mezzi di ricerca della prova. In questo, anche in ambito comunitario e sovranazionale, la Guardia di Finanza risulta deicisva poiché non di rado è per la sua attività antecedente e successiva alla notitia criminis che si verifica anticipatamente la fondatezza o la possibilità di giungere ad una sentenza di condanna in sede penale per illeciti tributari.

4.b. I delitti di impresa e fallimentari.

I reati societari afferiscono all’impianto tradizionale del diritto penale dell’economia. Le principali fattispecie penali previste dal Titolo XI del Libro V del Codice civile sono note, ma le difficoltà in cui incorrono gli operatori, sono dovute, almeno in parte, alla tendenza del legislatore a tornare ripetutamente sulle direttrici di fondo della tutela penale contro le condotte di false comunicazioni sociali, infedeltà patrimoniale, corruzione tra privati e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Dal punto di vista operativo, mi limito ad osservare che sono in atto modificazioni culturali con effetti notevoli sulle tecniche di investigazione. Si tratta di trasformazioni che coinvolgono l’intero sistema e concernono, in primo luogo, l’ordine giudiziario, poiché al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, vanno affiancandosi gradualmente criteri e forme di individuazione delle priorità investigative. Le tracce normative di questa tendenza si scorgono nella recente previsione volta ad introdurre una clausola di non punibilità per i reati di particolare tenuità; clausola, questa, che potenzialmente sortirà un impatto rilevante proprio sull’attività di repressione degli illeciti societari e sul complessivo sistema di investigazione di cui la Guardia di Finanza, anche in tale logica di fondo, costituisce il perno fondamentale.

La crisi economica che negli ultimi anni ha colpito - tra gli altri - il nostro Paese e i ripetuti interventi normativi in materia di procedure concorsuali,  hanno accelerato il processo di perdita di centralità del fallimento nell’ambito delle procedure per la soluzione delle crisi aziendali. Questo fenomeno confligge con il ruolo che il sistema ha storicamente affidato ai delitti di bancarotta. Essi, tradizionalmente, hanno funzionato da presidio alle esigenze dei creditori nell’ambito dell’insolvenza delle imprese individuali organizzate in forma societaria. Le disposizioni penali previste dalla legge fallimentare hanno dunque risentito dell’evoluzione della disciplina in materia di procedure concorsuali, orientata in primo luogo alla diffusa introduzione delle procedure alternative al fallimento: mi riferisco al concordato in continuità e all’accordo di ristrutturazione dei debiti. E’ generalmente condivisa, tuttavia, la sensazione che questo settore si gioverebbe molto di una rinnovata efficacia degli strumenti preventivi sui quali, ancora una volta, l’operato della Guardia di Finanza sortisce effetti essenziali sia in termini di individuazione dei fenomeni criminali, che di disvelamento di ampie aree di diffusione e penetrazione delle associazioni criminali attive sul mercato dell’impresa.  Va da sé, infatti, che a fronte del mutamento di orientamento anche normativo nel governo delle crisi di impresa, nel senso non più prevalente della liquidazione dell’attivo ma di tutela dei valori aziendali per mezzo dell’iniziativa dell’imprenditore in difficoltà e di terzi privati, lo spazio per illeciti e turbamenti del mercato sono destinati ad ampliarsi.

4.c. I reati contro la pubblica amministrazione, contro il patrimonio (nella nuova accezione) e quelli bancari, e in materia di mercati finanziari e contratti commerciali.

Si giunge così, ad una delle  più rilevanti frontiere dell’impiego delle risorse umane e strumentali della Guardia di Finanza, che è il tradizionale ambito di repressione dei reati contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un’attività in cui l’ordine giudiziario profonde uno sforzo straordinario, poiché la corruzione, nelle sue varie forme, rappresenta molto più che una semplice e diffusa patologia che si sostanzia in condotte delittuose odiose e assai dannose. E’ un elemento patogeno della società che dispiega poderosi e nocivi effetti sull’etica pubblica, divora risorse rompendo il patto sociale di cittadinanza e turba  le regole della concorrenza.

La Guardia di finanza sarà plausibilmente impiegata con maggior incidenza per le indagini su tali reati, sempre più connessi ai fenomeni associativi criminali di varia natura ed estrazione. In particolare, alla luce della recente riforma dei delitti di corruzione, intervenuta con la legge n. 190 del 2012, oltre alle principali fattispecie incriminatrici che possono configurarsi nel contesto dei rapporti tra soggetti privati e amministrazione pubblica,  si sono affiancate norme che regolano la prevenzione della corruzione (e il relativo trattamento sanzionatorio) nel contesto degli enti pubblici e delle società a partecipazione pubblica. Inoltre, si registra una rinnovata attenzione del legislatore su tali reati, che proprio in questa fase vede il Governo e il Parlamento sono impegnati nella ridefinizione del regime sanzionatorio penale degli illeciti riconducibili ai fenomeni corruttivi. Si prospetta l’ipotesi di introdurre una previsione della rilevanza delle condotte collaborative dei corruttori con l’autorità giudiziaria. Da ultimo, con riferimento al funzionamento dei mercati finanziari assume sempre più rilevanza il tema della correttezza e trasparenza della circolazione delle “informazioni”. Il quadro normativo di riferimento, fortemente condizionato dalle indicazioni di matrice sovranazionale, si incentra sugli illeciti penali ed amministrativi regolati dal d.lgs. n. 58/1998.

Particolare rilievo assume, al riguardo, il sistema delle misure cautelari applicabili anche alle persone giuridiche, che si articola in una serie di disposizioni (artt. 45-54 d. lgs. n. 231/2001) caratterizzate da un’evidente finalità preventiva. Da questa impostazione discende la centralità del momento cautelare, tale da far passare quasi in secondo piano le dinamiche sottese all’accertamento principale e definitivo.

4.d. Il ruolo della Guardia di Finanza nel processo e nei procedimenti.

Non posso esimermi, in chiusura di questa disamina del ruolo del Corpo della Guardia di Finanza rispetto al sistema di repressione penale degli illeciti, dal soffermarmi sull’ulteriore e decisivo rilievo che esso svolge nelle varie forme di processo.

Al di là delle funzioni svolte in quanto polizia giudiziaria specializzata nel corso delle indagini preliminari del processo penale, le funzioni del Corpo vanno intese anche come fonte di difesa diretta dei diritti fondamentali dei cittadini. Lo dimostra ad esempio, il fatto assai  rilevante, che l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, ha delegato alla Guardia di Finanza molteplici attività in materia di protezione della privacy. Ne discende un ampliamento del potere di segnalazione di notizie di reato all'Autorità Giudiziaria competente, in relazione alla sussistenza delle fattispecie penali di cui al D. Lgs. n. 196/2003. In caso di condotte penalmente rilevanti, i militari del Corpo, nell’ottica della collaborazione con il Garante, dovranno non solo acquisire la notitia criminis, ma assicurare le fonti di prova, e appunto procedere, ai sensi dell'art. 347 c.p.p., alla tempestiva comunicazione di tale notizia di reato all'Autorità Giudiziaria.

Occorre tenere a mente che l'elemento che caratterizza l'azione della Guardia di Finanza è costituito dalla citata capacità di approfondimento, attraverso una duplice linea d'intervento che si sviluppa sia nell'esecuzione di controlli di tipo amministrativo che in indagini di polizia giudiziaria. Trattasi di uno dei rari casi in cui si verifica una commistione, in capo ad un medesimo soggetto istituzionale, di poteri autoritativi e di controllo, che tuttavia convivono con quelli tipici dell’investigazione giudiziaria, ponendosi al confine con l’esercizio del potere giurisdizionale.

Per quanto concerne quest’ultima attività, ossia le investigazioni, in particolare quelle volte ad aggredire patrimoni già illecitamente accumulati, la funzione si sostanzia nell'esecuzione di accertamenti patrimoniali, volti all'adozione dei provvedimenti ablativi del sequestro e di confisca dei beni di illecita provenienza riconducibili, direttamente o indirettamente, alla disponibilità degli indiziati ovvero degli indagati, a seconda che si operi sul piano amministrativo (ex art. 2-bis legge 575/1965) ovvero penale (sulla base dell'art. 12-sexieslegge 356/1992). Mi preme che vi sia consapevolezza di questo rilievo sia dal punto di vista operativo che teorico.

5. La certezza del diritto tributario

L’attività di polizia tributaria e giudiziaria si svolge in un contesto economico, sociale e culturale assai cambiato negli anni segnati da una grave recessione. Reso più difficile il rispetto della fedeltà fiscale, parallelamente  è cresciuta anche l’oggettiva difficoltà dei contribuenti nel far fronte agli obblighi tributari. Nonostante ciò, la Guardia di Finanza ha ottenuto risultati lusinghieri nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale contribuendo non poco a conseguire gli obiettivi di gettito che il Governo e il Parlamento sono andati via via determinando. Tali difficoltà, che si palesano sempre più evidenti nel rapporto tributario, oltre al livello elevato dell’evasione (a sua volta causa ed effetto dell'aggravio del carico fiscale sui contribuenti onesti), sono all'origine del disegno di riforma del sistema fiscale italiano, delineato nella delega fiscale approvata con la legge n. 23 del 2013. Numerosi sono i decreti necessari per l'attuazione delle suddette norme le cui finalità fondamentali sono: predisposizione di un quadro normativo chiaro e definito del diritto tributario, semplificazione degli adempimenti fiscali, forte spinta verso il monitoraggio e il tutoraggio fiscale del contribuente e la deflazione del contenzioso nel generale contesto di una giustizia fiscale più celere. 

Le azioni concrete per attuare tali finalità sono principalmente rinvenibili:

 a) nella ridefinizione dell'abuso del diritto, corredato da adeguate garanzie procedimentali;

b)  nella revisione del sistema sanzionatorio;

 c) nella rivisitazione delle procedure di “cooperative compliance'”;

d) nella revisione del contenzioso e la riscossione degli enti locali. 

Il disegno riformatore chiama in causa due temi che condizionano l'estensione e la qualità delle attività proprie di polizia tributaria, con particolare riferimento al rapporto tra l’erario d i cittadini contribuenti. E’ invero una delle sfaccettature più problematiche, nel generale rapporto tra cittadini ed istituzioni che negli anni è andato affievolendosi e caratterizzandosi per marcati tratti di sfiducia, disaffezione, doglianze di iniquità.

Mi riferisco al principio di certezza del diritto tributario al correlato istituto, di derivazione comunitaria e giurisprudenziale, dell'abuso del diritto, il cui utilizzo in funzione antielusiva ha finito persino per accrescere l'incertezza sul corretto adempimento degli obblighi tributari e quindi la sfiducia e il disorientamento  dei contribuenti in buona fede. Rispetto all’esercizio dei vostri compiti e delle vostre funzioni, la certezza del diritto assume dunque un peso particolare. Già Piero Calamandrei sosteneva che “supremo bene dello Stato è la certezza dei diritti e dei doveri individuali”.

La definizione ha il merito di non limitare l’esigenza di certezza ai soli diritti soggettivi, ma di estenderla alla conoscibilità e prevedibilità degli obblighi, cioè delle condizioni di soggezione e, appunto, di sottoposizione all’imposizione dei tributi. E’quella necessità di certezza del comportamento di fronte a una soggezione che si lega proprio all’esatta conoscenza della portata dell’obbligo ed alle modalità del suo adempimento. Ed è proprio questo che induce il legislatore tributario ad intraprendere la via della definizione dell’abuso del diritto che, se in teoria generale costituisce una categoria elastica e soggetta a spazi interpretativi notevoli, nell’ambito del sistema tributario richiede un maggior livello di certezza e di puntualità anche negli esiti applicativi.

6.Il tema dell’abuso del diritto

Il legame strettissimo tra certezza ed effettività dell’imposizione tributaria e quindi nei rapporti tra fisco e contribuente si scorge già nel titolo dello schema di decreto legislativo di esercizio della delega conferita al Governo ai sensi dell’articolo 5 della l. 11 marzo 2014, n. 23.

L’abuso del diritto trova una sua codificazione espressa in ambito tributario con l’obiettivo di coprire il concetto di elusione fiscale. Si tratta di “una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. La conseguenza per chi incorre nell’attività elusiva connotante l’abuso del diritto, è la “non opponibilità all’amministrazione finanziaria che dunque è legittimata a disconoscerne i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.

La ridefinizione normativa dell’abuso del diritto costituisce un obiettivo ambizioso trattandosi di ricondurre l’istituto ad un’unitaria nozione, valevole per tutti i tributi e di ridurre quanto più possibile incertezze e controversie che la sua applicazione ha suscitato nell’ultimo decennio, compromettendo non poco il rapporto tra contribuenti e fisco. L’origine e l’applicazione in concreto dell’abuso del diritto è paradigmatica anche per il rapporto tra ordinamento nazionale ed europeo. L’abuso del diritto è formula linguistica che nasce in Francia nel 1981, per poi emigrare verso la giurisprudenza della Corte di Giustizia che lo ha iniettato nello spazio giuridico comunitario. La Corte di Cassazione italiana, dopo alterne vicende, è andata orientandosi verso il convincimento che l’elusione, alias abuso, costituisca una clausola di carattere generale dell’ordinamento tributario e che la disciplina contenuta nell’art. 37 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 costituisca indice della sua esistenza. Secondo la Suprema Corte, gli elementi costitutivi dell’abuso sono due: il perseguimento di vantaggi non voluti dal legislatore fiscale e il fatto che il comportamento del contribuente sia principalmente volto ad ottenere proprio tali vantaggi, non trovando giustificazione in altre valide ragioni economiche extrafiscali.

7. L’obbligo di contribuzione in base all’art. 53 della Costituzione e la sua attualità nel contesto europeo

Quanto appena sostenuto induce a riflettere sull’attualità dei principi tutelati dall’articolo 53 della Costituzione, alla luce di un ordinamento in evoluzione. Mentre il sistema si pone alla ricerca di una sempre maggiore certezza ed effettività al contempo si confronta con la più ampia sfida dell’integrazione europea. È noto che la riserva di legge contenuta negli articoli 23 e 53 della Costituzione è in certa misura archetipica della forma di Stato. Nel rimettere alle scelte del legislatore, e cioè della rappresentanza politica in Parlamento, la disciplina dei tributi, si conferma il risalente principio “no taxation without representation” che fu alla base della nascita e dell’evoluzione delle moderne democrazie parlamentari. Dunque l’imposizione tributaria è riconducibile all’esercizio della sovranità popolare ed il prelievo fiscale incarna  in modo diretto e veemente la potestà di imperio statuale.

Si tratta, ancora oggi, del principale obbligo del cittadino, non a caso inserito nel Titolo IV, Parte I, della Costituzione rappresentando così il corrispettivo del potere coercitivo statuale per eccellenza. Non può trascurarsi, inoltre, lo stretto legame che intercorre tra il principio della capacità contributiva e il principio, sancito dall’art. 2, di solidarietà. La creazione di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia (per usare le parole del Trattato), le sempre maggiori esigenze di armonizzazione degli ordinamenti e dei mercati dell’Europa unita, il ruolo decisivo della Corte di Lussemburgo nello sviluppo dell’integrazione continentale, pongono a tutti gli attori europei nuovi interrogativi e inediti sforzi di interpretazione della realtà economica e sociale. Il settore della fiscalità, per le citate ragioni di centralità nella fisionomia dei moderni stati democratici, rappresenta, probabilmente, il più importante banco di prova per i Paesi membri dell’Unione.

Numerosi sono i profili che ebbero un’ampia e profonda riflessione: l’avanzata esperienza di armonizzazione delle imposte indirette sul consumo, la ricca e variegata produzione legislativa in settori cruciali per il buon il funzionamento del mercato unico europeo, il ruolo sempre più incisivo giocato della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ormai decisiva per conferire forza e pervasività a principi centrali nella definizione del rapporto Stato-cittadino.

Conclusioni

Quelli che ho delineato sono elementi che rendono ancor più evidente l’assoluto rilievo che riveste nel nostro ordinamento la Guardia di Finanza, il cui contributo alla lotta all’evasione ed all’elusione e in generale alla repressione degli illeciti, deve essere letto in un’ottica sistematica.

Si tratta di una funzione decisiva per rendere effettivo proprio impegno principale della cittadinanza, così da mantenere virtuoso ed equilibrato il rapporto tra i diritti a prestazione, e cioè la spettanza e l’esercizio dei diritti sociali, e l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva di ognuno.

Non è enfatico, infine, affermare che il ruolo della Guardia di Finanza è ancor più cruciale per il futuro del Paese, a causa dei caratteri  peculiari della crisi italiana.

La compresenza dell’elevato debito pubblico e delle croniche ristrettezze di bilancio, all’origine di moltissime difficoltà dei cittadini, e del peso abnorme di un’economia sommersa ed illegale che supera l’ammontare di un terzo del prodotto interno lordo,  consentono di affermare che una fetta non trascurabile del futuro dei nostri giovani dipende dal successo della Vostra attività, insieme a quelle degli altri Corpi di Polizia, delle Agenzie Fiscali e della Magistratura. Ecco perché la formazione di Voi allievi della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza non sarà soltanto il metro per il vostro successo professionale, ma si colloca su un orizzonte assai più largo che investe il futuro del Paese.

Buon anno accademico a Voi allievi, auguri alla Guardia di Finanza e all’Italia.