28 Gennaio 2016


Csm, Legnini all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2016, procede la riforma

Il discorso del Vice Presidente del Csm, Giovanni Legnini, in occasione dell’Assemblea generale pubblica e solenne della Corte Suprema di Cassazione per l’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2016. Nel suo discorso Legnini ha ribadito l'azione di riforma che il Consiglio Superiore sta portando avanti con risolutezza e in piena autonomia per contribuire a innovare l’intero ordine giudiziario. L'obiettivo è quello di arrivare a una giustizia efficiente nell’affermare i diritti e garantire effettività alle libertà dei cittadini costituendo anche un volano e una risorsa per lo sviluppo del Paese.

Signor Presidente della Repubblica, 

Autorità 

Signore e Signori 

1. Nel porgerLe un deferente saluto, Signor Presidente, Le rivolgo un sentito ringraziamento per la guida dei lavori del Consiglio Superiore, esercitata con saggezza ed equilibrio sin dai primi giorni successivi alla Sua elezione di cui a breve ricorrerà il primo anniversario. 

Saluto il Primo Presidente Giovanni Canzio. La sua relazione delinea un disegno di riforma della Suprema Corte che muove da un’acuta e condivisibile analisi. Le sue parole denotano l'entusiasmo di chi persegue quel che è possibile e necessario realizzare, qui ed ora, a legislazione e risorse umane invariate. 

Per sostenere in concreto l'ambizioso disegno di autoriforma della Suprema Corte appena illustrato, contraggo subito un impegno, mio e del Consiglio Superiore, a provvedere con solerzia al conferimento dei 21 incarichi vacanti di presidenza delle sezioni della corte di cassazione, a completamento della più estesa e concentrata opera di ricambio nelle posizioni apicali mai verificatasi. 

La giurisdizione di legittimità è investita di questioni e carichi notevolissimi che ne pongono a repentaglio il buon esercizio della funzione nomofilattica. Già lo denunciò con forza il Presidente Santacroce, cui pure va il mio ringraziamento, durante l’Assemblea generale dello scorso 25 giugno. 

Incrementare l’efficienza e la funzionalità della Suprema Corte, secondo le soluzioni innovative prospettate oggi dal Primo Presidente, costituirà un decisivo impulso al rilancio dell’amministrazione della giustizia e al più generale obiettivo da conseguire: rinsaldare la legittimazione dell’intero ordine giudiziario e cioè la percezione positiva, da parte dei cittadini, della funzione giurisdizionale. 

Saluto il Procuratore generale Pasquale Ciccolo cui va il mio ringraziamento per il prezioso lavoro che assicura quotidianamente con cura e dedizione alla Procura generale e presso il Consiglio Superiore della Magistratura. 

Signor Presidente della Repubblica, 

Dodici mesi fa, non senza emozione, vestivo i panni di esordiente nel corso della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Oggi, per effetto delle contingenze istituzionali mi trovo a coprire il ruolo di veterano, insieme con il Ministro della giustizia che ringrazio per l'attenzione che riserva al lavoro del Consiglio Superiore. Un’attitudine alla collaborazione, questa, che induce a riporre fiducia e nutrire speranza nell'anno che si apre. 

2. Proprio nella scorsa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, tratteggiai l'avvio dello straordinario lavoro che avrebbe contraddistinto la consiliatura indicando le direttrici e i propositi di rinnovamento del Consiglio Superiore, all’insegna dell'autoriforma dell'organo di governo autonomo della magistratura. 

Le iniziative di riforma interna sono conosciute e dibattute e le innovative misure adottate nonchè i procedimenti in itinere sono sotto gli occhi degli operatori del sistema di Giustizia. Non intendo pertanto occupare lo spazio di questo mio intervento per illustrarli analiticamente. 

Il governo autonomo è in cammino, l'attività riformatrice procede ed inizia ad offrire i primi frutti, come dimostrano l'approvazione delle riforma del testo unico sul conferimento degli incarichi direttivi, la recente risoluzione del Consiglio sui rapporti tra magistratura e politica, la modifica dei presupposti per svolgere gli incarichi extragiudiziari, la nuova disciplina del collocamento fuori ruolo; tutti tasselli di un mosaico riformatore avviato sin dalla scorsa primavera, da completare con l’integrale riforma del regolamento interno e di quello di amministrazione e contabilità. 

Impossibile, tuttavia, non accennare alla straordinaria operazione di ricambio dei vertici degli uffici giudiziari italiani imposta dall'anticipazione dell'età del collocamento a riposo obbligatorio dei magistrati ordinari. 

Il Consiglio Superiore ha già conferito 252 incarichi direttivi e semidirettivi, provvedendo, proprio in questi giorni, a coprire quasi tutti gli incarichi di vertice delle Corti di appello. Sono in corso di perfezionamento le procedure per l’attribuzione di altri 209 posti alla guida di uffici tra i quali sono comprese non poche procure distrettuali e Tribunali di notevole rilevanza. 

La geografia direttiva dell’ordine giudiziario italiano affronta dunque un passaggio storico e un’autentica palingenesi. E' una sfida raccolta e vinta applicando la nuova disciplina sulla dirigenza giudiziaria. Approvata nel luglio scorso, questa cruciale novità va intesa nel segno della trasparenza e conoscibilità delle procedure di nomina e di un rafforzato impianto delle motivazioni alla base dei singoli conferimenti degli uffici. Ciò al fine di valorizzare il merito e le attitudini desumibili da precisi indicatori generali e specifici ed, in primo luogo, dalle valutazione delle capacità organizzative degli aspiranti. 

Dunque, il primo messaggio da affidare a questo supremo consesso è che il Consiglio Superiore sta procedendo con risolutezza a riformare se stesso, in piena autonomia, per contribuire a innovare l’intero ordine giudiziario. 

3. Segnali che testimoniano l'avvio di una fase nuova provengono dai dati illustrati la scorsa settimana dal Ministro della Giustizia alle Camere. Hanno riguardo ai numeri del rito civile, all’implementazione del processo civile telematico, alle misure deflattive del contenzioso civile, all’abbattimento del numero dei procedimenti penali in seguito dell’introduzione della particolare tenuità del fatto. Il percorso riformatore, dopo la recente approvazione delle norme di depenalizzazione, va completato con la legge delega sul processo penale, le nuove norme sulla prescrizione, la riforma organica del processo civile e quella sistematica del diritto delle procedure concorsuali la cui impostazione si deve anche alla Commissione guidata dal Presidente aggiunto di questa Corte, Renato Rordorf. 

Non si può dunque arretrare; è questa la fase per completare il quadro delle riforme necessarie. Occorre inoltre provvedere al reclutamento urgente di nuovo personale, a riqualificare quello già in servizio, attuando le decisioni già assunte, a coprire le gravi carenze di organico e a rivederne la distribuzione; infine, ad approvare sollecitamente la riforma della magistratura onoraria. 

E tuttavia, la transizione in atto evoca anche un cammino caratterizzato da incognite gravose. 

“Nell’interpretazione e nell’applicazione quotidiana noi ci troviamo di fronte ad uno stato di coscienza assai turbata”. 

Queste parole, pronunziate nel lontano 1911 da Vittoria Scialoja, suonano attualissime. 

La giurisdizione sembra attraversare cambiamenti epocali, segnata dalla supremazia del diritto europeo, dall'indebolimento della sovranità degli ordinamenti nazionali, dall'affermazione di nuovi diritti e inedite domande sociali, immerse nel vorticoso fluire di dinamiche economiche e sociali che si sviluppano su scala globale. 

Le funzioni del giudice richiedono, quindi, un rinnovato impegno intellettuale, una notevole capacità di adattamento, polivalenza culturale, un'attitudine al dialogo e al confronto costante con l'Avvocatura. 

Prospettare un nuovo profilo per gli appartenenti dell’ordine giudiziario non implica l’anacronistica riproposizione della giurisprudenza dei valori, dell’uso alternativo del diritto, né può risolversi nel fuorviante e vago rimpianto per i ruoli di supplenza, a volte confinanti con taluni eccessi di protagonismo individuale. 

Si tratta, invece, di produrre, da un lato, un tentativo di recupero della forza della legge anche nella dicotomia tra diritto in senso generale e comando legislativo, tra jus e lex; dall'altro, è sempre più necessario ridefinire un modello di giudice ormai posto davanti a nuove e crescenti aspettative che si collocano al crocevia tra crescenti diseguaglianze sociali, battute d’arresto nella crescita economica, conflitti tra frammenti di norme e una legislazione multilivello, non di rado oscura. 

In questo scenario, si rivelano essenziali la formazione permanente, la specializzazione e l’aggiornamento, la cultura dell'organizzazione, così da perseguire l'efficienza non disgiunta dalla qualità delle decisioni. In tale prospettiva si declina l’intensa collaborazione tra il Consiglio e la Scuola Superiore della Magistratura, ora affidata al direttivo appena insediatosi e guidato dal Professor Gaetano Silvestri, cui vanno i migliori auguri di buon lavoro e la stima incondizionata mia e di tutto il Consiglio Superiore. 

4. Dunque, una magistratura aperta, che non arretra al cospetto di mutamenti tanto repentini; un ordine giudiziario capace di recuperare l'orgoglio e il senso della sua funzione. E ciò per affrontare con decisione una delle sfide storiche che impegnano il Paese, quella di conseguire “un sistema di giustizia più efficace nella soluzione dei conflitti e dei valori”, secondo la nota espressione coniata da Hans Kelsen. 

Si tratta di un obiettivo che, se perseguito con costanza, può segnare un'epoc
Un compito impegnativo e al contempo stimolante, tanto più perseguibile in una fase, quella attuale, che sembra offrire l’occasione per liberare il sistema di giustizia da noti e pregressi conflitti che, per troppo tempo, hanno frenato o reso inconcludente l'azione riformatrice. 

Occorre insieme diffondere e portare a frutto la piena consapevolezza di questo nuovo secondo elemento di contesto. 

5. Tuttavia, su questo percorso di positiva transizione, incombe una preoccupazione che attraversa il Consiglio Superiore e l’ordine giudiziario nel suo complesso. E' il rischio concreto che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura siano minate da un affievolimento della credibilità e della legittimazione, in conseguenza di comportamenti opachi ed anomali. 

E' irrinunciabile che l'intera magistratura reagisca a tutela di un’alta tensione etica e deontologica. 

Il Consiglio Superiore è già oggi protagonista di una svolta; si è dimostrato capace di intervenire con tempestività, rigore e risolutezza, dirimendo vicende complesse. Ma in questa sede solenne ritengo di rinnovare una richiesta al Governo e alle Camere. Il vigente articolo 2 della legge sulle guarentigie delinea un istituto ormai connotato da limiti e imperfezioni che non consentono di poter intervenire sui casi, purtroppo in aumento, di incompatibilità ambientale e funzionale. 

Nel rispetto del principio di inamovibilità sancito dall’articolo 107 della Costituzione, è opportuno un rapido ed efficace intervento legislativo, così da munire il Consiglio Superiore di prerogative tali da incidere, anche in via d'urgenza, sulle situazioni anomale e disfunzionali nell'interesse degli uffici giudiziari e della credibilità e prestigio della magistratura. 

L’ordine giudiziario italiano dispone di formidabili anticorpi per sgomberare qualunque zona di opacità anche al proprio interno. Avrò occasione, sabato prossimo, a Caltanisetta, di manifestare vicinanza e gratitudine nei riguardi dei magistrati nisseni per il coraggio e la determinazione dimostrati nel condurre le recenti indagini volte ad accertare gravi responsabilità nella gestione delle misure di prevenzione presso il distretto di Corte d’Appello di Palermo. Una pagina particolarmente dolorosa per l'immagine della magistratura poiché lambisce, tra l’altro, l'impiego di rilevanti e strategici istituti di lotta alla mafia. 

Già il Capo dello Stato, con la sua visita dello scorso 25 settembre, in occasione della commemorazione del sacrificio dei magistrati Rosario Livatino e Antonio Saetta, ha testimoniato la riconoscenza dell'intero Paese verso quei magistrati che operano in condizioni tanto difficili, ma conseguono risultati assai rilevanti in particolare sul fronte del contrasto alla criminalità organizzata. 

E fu proprio il giovane Rosario Livatino, nella sua celebre relazione tenuta a Canicattì il 7 aprile 1984, a pronunciare parole forti ed attualissime con le quali vorrei concludere questo mio intervento: 

“l'indipendenza del giudice non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio, nella sua conoscenza tecnica, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori dalle mura del suo ufficio ...; l'indipendenza del giudice è, infine, nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività”. 

Forse fu anche per la straordinaria lucidità e lungimiranza di queste sue parole che Rosario Livatino fu barbaramente ucciso dalla mafia mentre si recava al lavoro, appena trentasettenne, il 21 settembre di 26 anni fa. 

Le sue parole rappresentano, allora come oggi, un indelebile messaggio di fiducia e di speranza. 

Grazie e buon anno giudiziario a tutti voi.